Coralli in un clima che cambia
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Coralli in un clima che cambia

Dall’Australia al bacino del Mediterraneo il riscaldamento globale provoca ondate di calore in acque superficiali e di profondità che mettono a rischio coralli e specie marine. Per la prima volta in Italia il Simposio Internazionale vedrà i maggiori esperti in tema di oceani e biodiversità mettere a confronto ricerche e osservazioni volti a ideare nuove strategie per contrastare il cambiamento climatico e l’acidificazione degli oceani.

Lo stato dei coralli nel mondo preoccupa esperti e ricercatori. Il riscaldamento del Pianeta e le conseguenti ondate di calore in acque superficiali e di profondità, hanno causato un grave peggioramento dello stato di salute di interi ecosistemi, degradando la biodiversità marina comprese alghe, pesci, tartarughe e uccelli.

Per accelerare le strategie di tutela a livello mondiale e promuovere un confronto tra le migliori best practices in atto, l’Italia ha scelto di ospitare la 13° edizione dell'International Symposium on Fossil Cnidaria and Porifera, un evento tra i più importanti nel contesto internazionale, che ha visto anche la partecipazione di John Pandolfi, docente all'Università del Queensland, tra i massimi esperti di barriere coralline al mondo.

Il summit, ospitato dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia dal 3 al 6 settembre, ha visto la sua prima edizione in Russia, a Novosibirsk, nel 1971, quando il mondo iniziava a sentir parlare di sviluppo sostenibile e di una maggiore attenzione alle risorse naturali, in un’ottica di crescita in linea con la capacità di carico degli ecosistemi naturali. Da allora il simposio si svolge ogni quattro anni e punta a rimettere al centro del lavoro di biologi, geologi, paleontologi ed esperti di coralli l’importanza della ricerca e la condivisione dei risultati ottenuti in diversi angoli del mondo, verso una strategia di tutela ambientale reale ed efficace, in grado di contrastare fenomeni quali il cambiamento climatico e l’acidificazione degli oceani.

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In merito allo stato del Mar Mediterraneo, ad esempio, la condivisione dei dati raccolti dai satelliti del programma Copernicus, sviluppato da Esa, Agenzia Spaziale Europea e dalla Commissione Europea, ha permesso di ricostruire le ondate di calore marine dal 1982 al 2017, a varie profondità, lanciando un allarme rispetto alla mortalità delle specie dovute a stress termico. A rischio soprattutto coralli e spugne, che più di altri organismi risultano vulnerabili all’aumento di temperatura. Ma non si tratta di una problematica circoscritta: se nelle aree più a nord il permafrost rischia di scongelarsi sempre più rapidamente, provocando l’immissione in atmosfera di metano in quantità preoccupanti, si aggravano le condizioni anche nel bacino del Mediterraneo, che risulta interessato da un costante inaridimento e da un andamento delle precipitazioni talmente incerto da mettere in discussione la futura disponibilità idrica per oltre 450 milioni di persone.

E se da una parte l’emergenza climatica è chiara e gli esperti si riuniscono a Modena anche per formulare nuove azioni di tutela, negli ambienti più innovativi si fa strada l’idea che sia possibile trasformare questa urgenza in una nuova opportunità di crescita, facendo del cambiamento climatico un “motore di sviluppo” – questa l’intuizione di Antonello Provenzale, dirigente di ricerca del Cnr e direttore dell'istituto Geoscienze e georisorse del Cnr  - che sia in grado di spingere investimenti verso nuove competenze e lo sviluppo di nuove tecnologie.

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