Sesta estinzione di massa: un milione di specie a rischio estinzione
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Sesta estinzione di massa: un milione di specie a rischio estinzione

L’estinzione è un fenomeno che esiste in natura, da sempre. Gli esperti IPBES spiegano come l’allarme attuale sia riferibile alla velocità con la quale le specie stanno scomparendo dal pianeta, a causa dell’uomo: le attività antropiche stanno smantellando gli ecosistemi naturali e compromettendo gravemente gli equilibri climatici. A rischio estinzione un milione di specie; tra i 200 e i 300 milioni di persone esposte a inondazioni e uragani.

Nel 1992 è stata firmata a Rio de Janeiro la Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite, volta a promuovere la conservazione della varietà degli esseri viventi presenti sulla Terra, l’uso sostenibile di tali componenti, l’equa ripartizione dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento di queste risorse.

L’impegno siglato nel 1992 avrebbe dovuto promuovere lo sviluppo di strategie dedicate ad integrare la tutela della biodiversità nei diversi processi decisionali, locali e internazionali. Con l’intento di dare nuova enfasi alla Convenzione di Rio, nel 2010 viene siglato in Giappone un nuovo piano strategico volto a contrastare la perdita di biodiversità: il protocollo di Nagoya, che individua ben 20 obiettivi, conosciuti come gli obiettivi di Aichi. Una roadmap che in dieci anni avrebbe dovuto portare la comunità internazionale ad entrare nel 2019/2020 con importanti traguardi raggiunti, tra i quali una gestione sostenibile delle risorse naturali, una reale tutela delle foreste primarie rimaste, il rispetto delle popolazioni indigene e dei territori da loro occupati.

In sintesi, una seria costruzione di progetti basati sulla cooperazione transfrontaliera e una più equa redistribuzione dei benefici derivanti dallo sfruttamento della biodiversità.

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Si arriva a maggio 2019 e IPBES, Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Service, pubblica un report drammatico sullo stato del pianeta, “IPBES Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services”. Nel documento gli esperti rendono pubblici i dati raccolti negli ultimi anni: il declino della biodiversità non ha precedenti, si parla di un milione di specie a rischio estinzione.

Robert Watson, Presidente IPBES, spiega: “The health of ecosystems on which we and all other species depend is deteriorating more rapidly than ever. We are eroding the very foundations of our economies, livelihoods, food security, health and quality of life worldwide.” La salute degli ecosistemi da cui l’uomo e tutte le altre specie dipendono per la propria sopravvivenza si sta deteriorando ad una velocità mai registrata prima. “Stiamo erodendo le fondamenta della nostra economia, del nostro stesso sostentamento”, sottolinea Watson.

Il “Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services” è il documento più completo mai realizzato sul tema, compilato da 145 autori esperti, attivi in 50 paesi negli ultimi 3 anni. Al loro lavoro si sono aggiunti contributi di altri 310 autori. Questo team internazionale ha analizzato i cambiamenti nel livello di biodiversità dei diversi Stati negli ultimi 5 decenni, elaborando un quadro esaustivo della relazione tra sviluppo economico e i suoi impatti sulla natura.

Ecosystems, species, wild populations, local varieties and breeds of domesticated plants and animals are shrinking, deteriorating or vanishing. The essential, interconnected web of life on Earth is getting smaller and increasingly frayed”. Il Professor Josef Settele, dal suo studio in Germania, spiega come i servizi ecosistemici da cui l’uomo e tutte le altre specie animali dipendono, sono in difficoltà: messi sotto pressione stanno svanendo o deteriorandosi al punto da non poter svolgere come prima i propri compiti (riciclo delle acque, produzione di ossigeno, stoccaggio di anidride carbonica, impollinazione).

Non ultimo, l’equilibrio climatico compromesso. Dal 1980 le emissioni di gas serra sono raddoppiate e gli esperti temono la presenza di circa 300 milioni di persone a rischio inondazioni e uragani a causa della distruzione degli ecosistemi costieri, dalle barriere coralline alle mangrovie. Così come un danno di 577 miliardi di dollari nel settore agricolo per la scomparsa degli impollinatori naturali.

Il professor Settele non ha dubbi: “This loss is a direct result of human activity and constitutes a direct threat to human well-being in all regions of the world.” Questa gravissima perdita di biodiversità a livello mondiale, spiega l’esperto tedesco, è una diretta conseguenza delle attività umane e costituisce una minaccia alla sopravvivenza dell’uomo in tutte le regioni del mondo.

Ma non tutto è perduto: se i grandi protagonisti dell’economia globale iniziassero ad invertire la rotta e a ridurre drasticamente lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e la distruzione senza precedenti degli ultimi polmoni verdi della terra, potrebbe delinearsi una speranza nella salvaguardia ambientale, promossa da uno sviluppo economico più attento e consapevole.

Per la prima volta, ad esempio, un report di così alto valore scientifico sottolinea l’importanza delle popolazioni indigene e dei loro saperi tradizionali, nell’ottica di conservare la biodiversità e tutte le sue componenti, come eredità per il futuro: “Biodiversity and nature’s contributions to people are our common heritage and humanity’s most important life-supporting‘ safety net. But our safety net is stretched almost to breaking point”. Come emerge dalla riflessione della Professoressa Sandra Diaz, impegnata in Argentina e in contatto con professori in Brasile, Germania e USA, il mondo è ormai ad un punto di rottura: o si interviene ora, o si rischia di perdere per sempre tutte le conoscenze sedimentate nel territorio e negli stili di vita dei popoli indigeni, utili per la sopravvivenza dell’intera comunità mondiale.

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