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Ci lasciamo alle spalle uno dei quattro anni più caldi dal 1800 a oggi, il quale ha siglato un record assoluto in termini di siccità. La riduzione delle precipitazioni ha causato ingenti danni a risorse, occupazione e settore primario.
Non sempre gli effetti del cambiamento climatico sono direttamente percepibili nel vivere quotidiano, anche se nel 2017 c’è stata una grande assenza che non è passata inosservata agli occhi degli italiani: la pioggia. In quello che l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC-CNR) non ha tardato a definire l’anno più secco degli ultimi due secoli, la siccità si è manifestata per via di una consistente riduzione delle precipitazioni. Nell’arco di un anno, ben 6 mesi hanno registrato una riduzione di oltre il 50% dei rovesci medi, altri 3 mesi di oltre il 30%.
Conseguentemente, anche le temperature ne hanno risentito. La media, stando ai rilevamenti, è stata di circa +1,3°C superiore alla norma, registrando il 2017 come uno dei quattro anni più caldi dal 1800 a oggi, con una differenza di soli -0,13°C medi in meno rispetto al 2015, che detiene il record assoluto. Il riscaldamento globale, che procede spedito verso l’aumento costante, non riguarda ovviamente soltanto l’Italia o l’Europa, ma, secondo la World Meteorological Organization (WMO), 17 dei 18 anni già trascorsi nel XXI secolo sono stati i più caldi della storia.
Il dato statistico, tornando all’interno dei confini nazionali, ha ovviamente delle conseguenze dirette su risorse, occupazione e settore primario. La siccità, secondo quanto riportato da Coldiretti, non soltanto ha causato un crollo generale delle produzioni, ma ha abbassato del 5,6% il tasso occupazionale agricolo, arrivando a causare, dal punto di vista economico, circa 2 miliardi di euro di danni. Per avere un’idea di cosa abbia comportato per la produzione nostrana, basti guardare al settore enologico, dove si è registrata la vendemmia più scarsa dal dopoguerra (-26% rispetto al 2016).
“Gli effetti – si legge in un comunicato targato Coldiretti – si sono fatti sentire dal punto di vista economico ed occupazionale nel periodo più importante per i raccolti. Il valore aggiunto agricolo è crollato del 6,7 per cento nel terzo trimestre 2017 rispetto allo scorso anno e sono andate perse molte opportunità di lavoro stagionale”.
Se la crisi idrica ha causato danni ingenti ai prodotti più disparati, dall’olio di oliva (-11% rispetto all’ultimo decennio) agli agrumi siciliani – per cui è stato disposto persino un tavolo agrumicolo dal MIPAAF questo 11 gennaio – il calo della produzione e l’impatto sul settore agricolo non ha potuto che avere successivi ritorni sulla GDO e, di conseguenza, sui costi pro capite dei singoli cittadini. Nel 2017, infatti, si è registrato, in media, un aumento del +3,6% dei prezzi degli alimentari non lavorati come frutta e verdura.
Secondo l’analisi delle mappe del Centro Europeo per le previsioni metereologiche a breve termine (ECWMF) aggiornate al 22 gennaio, la cui attendibilità, in quanto trattasi di previsioni stagionali, è da considerare con le dovute riserve, il 2018 non sarà da meno. In termini assoluti, si attende infatti una temperatura tra +1°C e +1,5°C sopra la media nel prossimo trimestre, con il margine più ampio previsto nel Triveneto (+2°C). Se anche le precipitazioni dovessero confermarsi ai medesimi standard, le esigenze idriche dell’agricoltura di diverse regioni italiane dovranno necessariamente passare per il potenziamento del comparto irriguo al fine da essere soddisfatte.
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4 Novembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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