Immagine: Anne Nygård, Unsplash
Il Global Risk Report 2023 del World Economic Forum mette in luce come l’imminente estinzione di un milione di specie vegetali e animali rappresenti uno dei pericoli più urgenti da affrontare nel prossimo decennio.
Gli investimenti stanziati per proteggere la biodiversità nel mondo sono inferiori a 100 miliardi di dollari all’anno. Una cifra in crescita rispetto agli anni passati, ma ancora molto limitata - sottolinea l’Ocse - se confrontata con i 500 miliardi di dollari all’anno spesi per attività che provocano invece la distruzione degli habitat naturali, a partire dall’estrazione di combustibili fossili e dai sussidi agricoli. Inoltre, la maggior parte di queste risorse sono frutto di interventi su base domestica e non sono coordinati a livello internazionale.
Eppure la protezione della biodiversità terrestre, oggi messa gravemente a rischio da un modello di sviluppo ancora troppo poco attento agli equilibri ambientali, è una delle sfide più urgenti che il mondo sarà chiamato ad affrontare nei prossimi anni, proprio a causa delle sue ricadute sul tessuto economico e sociale del Pianeta. E' quanto riporta il Global Risk Report 2023 del World Economic Forum, uno studio realizzato in collaborazione con Marsh McLennan e Zurich Insurance Group grazie alle interviste a 1.200 esperti del mondo accademico, aziendale e politico.
Nel giro dei prossimi dieci anni, secondo gli esperti coinvolti dal World Economic Forum, ben sei dei dieci pericoli che il mondo dovrà fronteggiare riguarderanno questioni ambientali, dal fallimento delle politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico ai disastri naturali, dagli eventi meteorologici estremi al possibile collasso dell'ecosistema mondiale. In particolare, ad aumentare sarà la percezione della gravità degli effetti della perdita di biodiversità- mette in evidenzia lo studio- mentre nel breve termine il fenomeno non è ancora avvertito come una questione urgente. Nonostante il fatto che tra il 1992 e il 2014, la quantità di beni strumentali procapite, come infrastrutture stradali, impianti e macchinari, edifici, fabbriche e porti, sia raddoppiata, mentre lo stock mondiale procapite di capitale naturale (acqua, suolo e minerali) è diminuito di quasi il 40%.
Perdita di biodiversità, un'emergenza anche economica
Il quadro che ne esce è allarmante, anche perché i nuovi rischi che il mondo si trova ora a dover affrontare, come l’inflazione, la sicurezza energetica, la crisi alimentare e l’approvvigionamento delle materie prime, sono destinati a sottrarre ulteriori risorse alla battaglia contro i cambiamenti climatici, nonostante l’urgenza di intervenire in questi ambiti.
Un milione di specie vegetali e animali è da tempo a rischio di imminente estinzione, un fenomeno che colpisce direttamente le attività economiche dell’uomo. Il settore farmaceutico, ad esempio, ricorre per la produzione di medicinali a 70.000 diverse specie di piante ma, a causa dell’esaurimento della biodiversità, si trova a dover affrontare in taluni casi un problema di mancanza di ingredienti per la preparazione di alcuni farmaci anche vitali per l’uomo. La maggior parte delle colture agricole dipende poi dall’impollinazione naturale, un servizio garantito dalle api e da altri insetti, ma messo a rischio dall’inquinamento atmosferico. Senza dimenticare che il disboscamento rallenta il drenaggio delle acque facilitando così le inondazioni, mentre la riduzione del permafrost potrebbe provocare il rilascio di batteri e virus rimasti intrappolati nel ghiaccio per migliaia di anni.
Il ruolo della finanza
Considerando questo scenario, gli investitori e il sistema finanziario hanno oggi l’obbligo di giocare un ruolo di primo piano nel processo di salvaguardia della biodiversità, non solo per motivi etici, ma anche per la difesa dei propri interessi.
Non è un caso che le scelte di investimento dei green bond e dei sustainability-linked bond si stanno iniziando a spostare anche verso i progetti per la tutela della biodiversità. Anche i decisori politici sembra che abbiano iniziato a capire la gravità del problema. Lo scorso dicembre a Montreal, in occasione della Cop15, 190 paesi hanno adottato il Global Biodiversity Framework, il primo accordo internazionale per garantire la stabilità dei servizi ecosistemici fondamentali per arrestare e possibilmente invertire la perdita di biodiversità.
Un’intesa storica da un lato, ma allo stesso giudicata da tanti insufficiente, soprattutto perché lascia troppo discrezionalità ai singoli Stati sulle modalità di attuazione delle azioni da intraprendere. La percezione, sottolinea il Global Risk Report del World Economic Forum, è che nonostante qualcosa si sti muovendo, i pericoli di cui siamo più consapevoli, come quelli legati alla questione climatica, sono ancora quelli per cui governi e imprese dimostrano di essere meno attrezzati.
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