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Il Laboratorio di sostanze naturali del dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (Dafne) dell'Università degli Studi della Tuscia ha messo a punto nuovi modelli di economia circolare applicata agli scarti agricoli, per i settori farmaceutico e fitofarmaceutico.
Lo studio degli scarti del settore primario per il riutilizzo nelle più svariate applicazioni è da anni al centro del programma del Laboratorio di sostanze naturali del dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (Dafne) dell'Università degli Studi della Tuscia.
Fin dall’antichità, sostanze naturali di tutti i tipi sono state impiegate a scopi farmacologici e terapeutici e, sebbene sia riconosciuto il potere curativo di alcune piante medicinali, il lavoro del Laboratorio si fonda sul dato certo che le piante sono una fonte di composti e molecole bioattive utilizzabili a diversi scopi. Tra questi composti un ruolo di rilievo è giocato dai metaboliti secondari, di cui fanno parte sostanze fenoliche derivanti proprio dagli scarti di alcune produzioni agricole.
Un esempio arriva dagli studi effettuati sulla pianta Actinidia Deliciosa, ovvero la pianta del kiwi, dai quali è emerso che l’estratto della buccia del frutto stesso è ricco di fenoli dal forte potere antinfiammatorio per una particolare linea cellulare umana. Allo stesso modo, l’estratto della buccia della melagrana è utile per la riduzione dello stress infiammatorio.
Accanto a questi elementi che, come detto, hanno proprietà tali da renderli adatti all’impiego nel settore farmaceutico, ve ne sono altri che si prestano a essere applicati in campo fitofarmaceutico. È in questi casi che si concretizza il modello ideale di economia circolare, in cui lo scarto proveniente dall’agricoltura è riutilizzato, eliminando la produzione di rifiuti, per alimentare il settore stesso.
Un esempio arriva dal progetto di ricerca Violin (Valorization of italian olive products through innovative analytical tools), finanziato dalla Fondazione Cariplo, il quale ha preso in considerazione lo studio degli scarti del settore oleario. Dalle analisi è risultato che da alcuni elementi di scarto della catena della produzione dell’olio è possibile ricavare un composto fenolico con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antimicrobiche utili per il trattamento di alcuni patogeni batterici che colpiscono l’olivo, causando perdite di rilievo nella produzione di olive.
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