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Il futuro della Politica Agricola Comune è incerto e indefinito: alla fine del 2020 scadranno infatti gli attuali regolamenti agricoli e le risorse dei relativi fondi. L’Associazione Rurale Italiana chiede che cambino i parametri per mettere fine al sostegno dell’agroindustria.La Politica Agricola Comune (PAC) rappresenta l'insieme delle regole che l'Unione Europea, fin dalla sua nascita, ha inteso darsi riconoscendo la centralità del comparto agricolo per uno sviluppo equo e stabile dei Paesi membri. Nata per garantire un approvvigionamento sicuro e a prezzi ragionevoli, oggi ha modificato i suoi pilastri ed è criticata dai lavoratori e dai piccoli imprenditori locali.
La PAC è nata nel 1962 e per circa 30 anni si è basata sul principio di unicità del mercato tra gli Stati membri, fissando prezzi comuni e tutelando il mercato comunitario delle importazioni e delle esportazioni. Tutela inoltre, la solidarietà finanziaria per il sostegno dei prezzi agricoli e per il finanziamento degli investimenti nel settore agrario per mezzo del Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia per l’Agricoltura (Feoga). Con la riforma del 1992 la politica agricola si è trasformata in una “politica dei redditi degli agricoltori”. Si tratta del passaggio da una forma di assistenza alla produzione a forme di intervento e misure sui redditi agricoli. Nuove misure sono state avviate nel 2008, con l’obiettivo di modernizzare e semplificare la PAC.
Oggi gli obiettivi della PAC riguardano anche il principio di competitività sui mercati dell’UE e su quelli mondiali. La riforma della Politica Agricola Comune 2014-2020 ha introdotto delle novità di rilievo per gli imprenditori agricoli, gli operatori del mondo rurale e, più in generale, per gli operatori e gli stakeholders della filiera agroalimentare italiana.
L’interesse si è concentrato su questi temi:
- i pagamenti diretti, destinati a sostenere il reddito degli agricoltori e a remunerare la produzione di beni pubblici;
- l’Organizzazione Comune di Mercato unica (OCM unica), volta a fornire soluzioni per un efficiente funzionamento delle filiere e dei mercati agricoli;
- la politica di sviluppo rurale, gestita a livello regionale e finalizzata al perseguimento di obiettivi trasversali legati all’innovazione delle imprese agroforestali, alla tutela dell’ambiente, all’adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.
Il 31 dicembre 2020 però, scadranno gli attuali regolamenti agricoli e le risorse dei relativi fondi. A livello europeo, molti Stati membri vorrebbero ridurre i bilanci e riportare a livello nazionale la gestione della PAC. È possibile che la PAC non prosegui oltre il 2020: la Commissione Europea propone di lanciare nel mese di febbraio un’ampia consultazione, alla quale sono invitati a partecipare tutti i cittadini europei e gli stakeholders, sulla direzione da imprimere al futuro della PAC. Si tratta di una misura di legittimità della PAC in grado di rinnovare il “contratto sociale” tra gli agricoltori e la società, e ridefinire il ruolo dell’agricoltura nella costruzione del nuovo progetto europeo. Se rinnovata, secondo gli Stati membri la PAC offrirà all’Europa indipendenza alimentare, permettendo di conservare 22 milioni di agricoltori e 44 milioni di posti di lavoro, più del doppio del numero di persone impiegate nel futuro europeo del settore automobilistico e aeronautico insieme.
La PAC dunque probabilmente resisterà, ma per l’Associazione Rurale Italiana è necessario che cambi radicalmente. Definita uno strumento di distruzione di massa che “garantisce il sostegno all’agroindustria”, la PAC per continuare ad esistere, secondo l’ARI dovrà “sostenere l’agricoltura che produce cibo di qualità tutelando l’ambiente e il reddito dei contadini”.
È del giugno 2019 il documento che i referenti ARI hanno inviato ai membri della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati per sottolineare una serie di punti da rivedere e correggere per il futuro della PAC. Primi tra tutti, l’eccessiva competitività nello scenario internazionale a svantaggio delle piccole aziende rurali. ARI insiste sulla necessità di un sistema agroalimentare che fornisca alimenti sani, nutrienti, convenienti e distribuiti localmente, che punti sulla qualità e l’unicità dei prodotti, che garantisca reddito equo e condizioni di lavoro dignitose.
Per questi motivi il prossimo 8 febbraio si terrà l’Assemblea Nazionale ARI a Valeggio sul Mincio (Vr) con l’obiettivo di portare compiutamente in Italia le prescrizioni della Dichiarazione dell’ONU sui diritti contadini e stabilire le priorità di azione e le mobilitazioni per il 2020.
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