Amazzonia: l’Europa piange sugli incendi, ma stringe accordi con Brasile e Argentina
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Amazzonia: l’Europa piange sugli incendi, ma stringe accordi con Brasile e Argentina

Mentre il Presidente Bolsonaro rivendica il diritto di decidere sull’Amazzonia e sul proprio territorio di competenza, l’Unione Europea dichiara di voler stanziare fondi in difesa delle foreste, ma sigla nuovi accordi commerciali con Brasile e Argentina volti ad agevolare l’acquisto di carne bovina dal Sud America.

Manca un piano trasparente in grado di valutare i costi ambientali di queste politiche commerciali, poco attente alla conservazione delle risorse naturali, al rispetto dei diritti umani e all’importanza di ridurre le emissioni inquinanti.

Ogni anno in Europa vengono consumati circa 85 chili di carne e 260 chili di prodotti lattiero-caseari pro capite, più del doppio della media globale: L’UE è ormai diventata il secondo principale importatore di soia e derivati a livello mondiale. Ad oggi le attività legate all’allevamento occupano circa il 26% della superficie terrestre. Non a caso, secondo i dati USDA, il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America, proprio il Brasile è il primo esportatore di carne bovina al mondo, principalmente destinata al mercato cinese e a Hong Kong.

Questa incessante richiesta contribuisce pesantemente alla corsa a nuovi terreni e pascoli, quindi alla deforestazione e agli incendi che stanno devastando il Brasile. Inutile continuare a negare l’evidenza, celando la tutela forestale dietro a brillanti dichiarazioni e generose donazioni: agricoltura industriale e allevamento contribuiscono per l’80% alla deforestazione a livello mondiale.

Ad aggravare il quadro, un disequilibrio tra domanda e offerta che non valorizza i produttori locali: il 28 giugno 2019 la Commissione Europea ha siglato, dopo anni di negoziazioni e tensioni, l'accordo commerciale con il Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale, Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, una firma che sancisce un libero scambio tra le parti coinvolte che coinvolgerà in gran parte prodotti agricoli inviati in Europa secondo nuove agevolazioni accordate al Sud America.

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Tra le prime conseguenze previste, questo accordo permetterà all’Europa di importare circa 100.000 tonnellate di carne bovina sudamericana e 180.000 tonnellate di pollame, un’azione commerciale imponente, che secondo le associazioni del settore zootecnico europeo metterà in difficoltà i produttori della comunità, che lavorano garantendo standard di sicurezza, tracciabilità e sostenibilità ben più alti rispetto ai produttori attivi in Sud America.

Assocarni per l’Italia, Assoprovac per la Spagna, Interbev, Francia, Ifa, Irlanda, e PZPBM, Polonia, hanno più volte espresso pareri contrastanti verso questo accordo commerciale e politico, cercando fino alla fine di non arrivare alla finalizzazione. Ma a nulla sono valse le proteste: il settore delle importazioni cresce. Nei primi due mesi del 2019 l’Argentina è stata il principale fornitore in Europa di carne bovina, si parla di 10.000 tonnellate solo tra gennaio e febbraio (Dati Eu Meat Market Observatory).

Il dato indica solo parte dell’impatto che la domanda europea di carne ha sul tasso di deforestazione in area amazzonica e sul livello di inquinamento: approssimativamente 1 chilo di carne su 5 provenienti dall’Argentina arriva in Italia in aereo (Dati Import Carni Argentina, Ufficio delle Dogane) aggravando così il costo ambientale di questa scelta.

«Chiediamo all’UE una riforma della Politica Agricola Europea (Pac) con misure efficaci per ridurre la produzione di carne, tagliando i sussidi pubblici dalla produzione industriale di carne e utilizzandoli invece per una vera transizione verso metodi di produzione ecologica – spiega Martina Borghi, referente campagna foreste di Greenpeace Italia - Chiediamo inoltre una normativa in grado di garantire che i prodotti immessi sul mercato europeo non siano collegati alla deforestazione, al degrado delle foreste o alle violazioni dei diritti umani, e di assicurare che il settore finanziario non sostenga questa devastazione: oggi non è così».

Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente argentino, nel Paese tra il 1990 e il 2014 sono stati distrutti 7.226.000 ettari di foresta, una superfice equivalente a Olanda e Belgio. Allo stesso tempo, nel 2018, l’Argentina diventa il secondo esportatore di carne in Europa, seconda solo al Brasile. E la situazione non migliora in Colombia, Bolivia, Perù; terre in cui le ricchezze del suolo attirano multinazionali impegnate nell’estrazione mineraria così come nelle coltivazioni intensive di soia o nell’allevamento di bovini destinati ad alimentare i fast food di tutto il mondo.

«Siamo in uno stato di emergenza -conclude Martina Borghi- non possiamo difendere il clima del Pianeta se non difendiamo le foreste. Ma in Brasile l’Amazzonia continua a bruciare per fare spazio ai pascoli di bestiame e in tutto il Sud America le foreste vengono distrutte per produrre quantità insostenibili di carne e colture destinate a diventare mangimi».

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