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RAEE trasformati in un polimero plastico adatto alla stampa 3D, più sostenibile dal punto di vista economico e ambientale rispetto alla materia prima. È il risultato di un progetto biennale sviluppato dall'Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
RAEE, rifiuti complicati da smaltire e, al contempo, forzieri di materiali che possono essere considerati veri e propri tesori. Importante recuperarli, vista e considerata, poi, la crescita esponenziale di tale tipologia di scarto negli ultimi anni. In questo ambito, un progetto biennale dell'Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha condotto allo sviluppo di un processo capace di produrre un filo da utilizzare come toner nelle stampanti 3D.
Si tratta di un polimero stampabile, tratto appunto dalla plastica contenuta nei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. I suoi punti di forza? Costi contenuti e caratteristiche tecniche simili alla materia prima.
L'intento del progetto, condotto in accordo con il Ministero dell’Ambiente, era proprio quello di trovare un’alternativa sostenibile rispetto al polimero maggiormente impiegato come filo di alimentazione delle stampanti 3D: l‘Acrilo-butadiene stirene (Abs) vergine, che ha un costo di vendita tra i 20 e 50 euro al chilogrammo.
“Abbiamo realizzato fili e prototipi 3D con diverse tipologie di plastiche RAEE che hanno dimostrato una qualità equivalente o simile a quelli realizzati da fili commerciali”, ha sottolineato Riccardo Tuffi dell’ENEA. “È allo studio anche lo sviluppo di un protocollo per l’individuazione delle plastiche RAEE idonee a questa applicazione per la realizzazione dell’attività su scala industriale”, ha aggiunto inoltre il collega Lorenzo Cafiero. Un'eventuale industrializzazione del processo contribuirebbe a rendere possibile il rispetto della normativa che prevede di recuperare, in termini di materia e di energia, dal 75 all’85% in peso di un dispositivo Raee inviato a trattamento.
Nonostante il filo riciclato sia solitamente grigio, bianco o nero e quindi meno attraente esteticamente rispetto all'alternativa attualmente in uso, la qualità dei prodotti stampati risulta elevata, assicurano i ricercatori. Inoltre e soprattutto, il minore costo delle bobine potrebbe favorire l’avvicinamento di un maggior numero di consumatori alle stampanti 3D, dando nuovo impulso al settore.
Grazie alla collaborazione di due impianti di trattamento RAEE, infine, la sperimentazione permetterà di valutare l’emissione di sostanze organiche volatili risultanti dal processo di stampa sia per le plastiche riciclate che per i fili commerciali e di studiare l’aggiunta di additivi per conferire particolari caratteristiche alla plastica.
Molti, dunque, gli sviluppi di un'iniziativa che promette di vedere- una volta in più- la tecnologia camminare sottobraccio alla sostenibilità ambientale ed economica. Obiettivo finale: una sempre più auspicata economia (realmente) circolare.
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