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Dopo l'emergenza incendi che -secondo le stime- ha devastato 3500 ettari di area boschiva in Piemonte, è tempo di bilanci, inchieste e accuse.
Attesa, sospirata, invocata. Finalmente la pioggia è arrivata a dissetare il Piemonte, dilaniato nella seconda metà di ottobre da incendi che sono parsi a lungo indomabili. «Il vento di Fohn e la temperatura mite hanno favorito il propagarsi degli incendi che hanno frequentemente avuto riprese, con nuovi focolai anche dove sembravano ormai spenti» ha affermato l'assessore all'Ambiente della Regione Piemonte Alberto Valmaggia in Consiglio Regionale. E proprio le condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli alle fiamme, insieme a dolo e incuria, hanno messo in ginocchio, divorandoli, ettari ed ettari di patrimonio boschivo.
Secondo i dati del programma Copernicus, attivato durante l'estate per mappare le aree colpite dagli incendi in Italia, dopo i roghi di ottobre la superficie di boschi bruciata nel 2017 è stata di quattro volte superiore alla media 2008-2016.
Ora che l'emergenza è passata, è tempo di bilanci, di inchieste e di accuse. Secondo le stime di AIB (Sezione Anti Incendi Boschivi) Piemonte, ben 3500 ettari sono andati letteralmente in fumo nella regione durante le scorse settimane. La Valle di Susa, la Valchiusella, la Valle Orco e i comuni di Cumiana e Cantalupa sono state le aree più colpite. In Valle di Susa, la procura di Torino ha aperto tre fascicoli di indagine: si procede a carico di ignoti, l’ipotesi è quella del dolo. Il reato ipotizzato è l’incendio boschivo, che prevede condanne dai 4 ai 10 anni in caso di dolo: possono aumentare della metà se vi è danno “grave, esteso e persistente all’ambiente“.
Interrogato sulle cause, il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, intervenuto in prima persona sui luoghi degli incendi durante le operazioni, ha dato la colpa in primo luogo alla scarsa manutenzione di terreni e boschi. “C'è un'incuria diffusa” ha dichiarato, prima di ringraziare “l'abnegazione e la professionalità dei volontari e degli operatori antincendio, che sono arrivati in Piemonte da ogni parte d'Italia".
E così, nonostante il grande lavoro svolto che ha permesso di limitare i danni a persone e abitazioni, la flora e la fauna piemontese ne escono devastate. Per porre un argine alla situazione, la giunta regionale ha deciso di sospendere la caccia per un mese in tutte le valli devastate dagli incendi (Val Susa, Val Sangone, valli Pellice, Chisone e Germanasca, Orco, Soana e Chiusella nel Torinese, Val Varaita e Valle Stura per un totale di 538 mila ettari) e per 10 giorni nelle aree limitrofe.
Da parte sua, il Movimento 5 Stelle chiede tuttavia che vengano svolte con urgenza le operazioni necessarie a definire le aree oggetto del divieto di caccia per 10 anni e di estendere il divieto alle aree limitrofe per favorire il ripopolamento della fauna selvatica. Una nota del deputato Mirko Busto e dei consiglieri regionali Francesca Frediani e Giorgio Bertola, tutti appartenenti al Movimento 5 Stelle riporta: “Nella gestione della recente emergenza incendi in Piemonte, nonostante l’impegno profuso dagli addetti allo spegnimento, i risultati sono stati tragici per flora e fauna. Un destino fatalmente analogo a quello visto in estate sul Vesuvio, sui pendii siciliani e quelli abruzzesi".
Da più parti, inoltre, si richiede una revisione del provvedimento che ha determinato lo scioglimento del Corpo Forestale e il suo accorpamento all’interno dell’Arma dei Carabinieri, accusato di aver reso più macchinosa e meno “automatica” l'azione di spegnimento delle fiamme. Ogni provvedimento teso a impedire che un disastro del genere si ripeta è benvenuto: certo è che, oltre all'efficienza nel fronteggiare l'emergenza, quel che serve è innanzitutto il rispetto per il patrimonio boschivo, bene comune di valore inestimabile.
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