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Tra gli innumerevoli effetti del riscaldamento globale non mancano quelli economici: uno studio presentato recentemente a Kuala Lumpur quantifica in 1.800 miliardi di dollari la perdita di denaro legata al global warming entro il 2030. Previsioni non dissimili dai risultati di un'analisi realizzata qualche mese fa dalla London School of Economics.
Complici gli indizi che un clima impazzito è in grado di disseminare sull'intero pianeta e gli avvertimenti di personaggi famosi, le conseguenze negative del riscaldamento globale iniziano ad essere noti anche al di fuori della comunità scientifica. Ma diciamoci la verità: a volte ecosistemi danneggiati, profughi ambientali e fusione dei ghiacciai - magari utili a scuotere gli animi tra un impegno e l'altro di una routine quotidiana impietosa - sfortunatamente non bastano a comunicare efficacemente la gravità e l'urgenza del problema.
Quantificarlo forse, tradurlo nel linguaggio del denaro, con cui volenti o nolenti si ha confidenza perché riguarda da vicino tasche e conti in banca, può offrire una ulteriore chiave di lettura sulla portata del fenomeno e dei suoi effetti. 1.800 miliardi di euro entro il 2030: questa è l'enorme cifra stimata, questo è quanto costa e costerà il riscaldamento globale all'economia mondiale.
Lo rivela uno studio presentato a Kuala Lumpur, Malesia, durante una conferenza organizzata dal Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), che analizza come il caldo eccessivo influirà su lavoro e produttività, oltre che sulla salute di milioni di persone, conseguentemente impossibilitate a svolgere le proprie mansioni.
Secondo Tord Kjellstrom, uno degli autori dello studio, il tema è stato troppo a lungo sottovalutato: “Se si compiono lavori che richiedono sforzi fisici, più fa caldo meno si lavora velocemente. Il corpo è impegnato ad adattarsi al calore, per proteggere l’individuo dal calore stesso”. E allora meno ore lavorative, più turni e persone per la stessa mansione, con conseguenze drammatiche se le precauzioni non sono adeguate: soprattutto nel Sudest asiatico - India e Cina in primis - le ondate di caldo ripetute mietono centinaia e centinaia di vittime ogni anno.
In particolare, gli esperti stimano che entro il 2030 proprio India e Cina, fra i maggiori traini attuali dell'economia mondiale, perderanno circa 400 miliardi di euro ciascuna, seguiti a ruota da Indonesia e Malesia (220 miliardi di euro) e Thailandia (130 miliardi di euro).
Faremmo meglio, noi occidentali, a non fare spallucce: risale a qualche mese fa, infatti, uno studio della London School of Economics (LSE), pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, che quantifica in 2.500 miliardi di dollari, ben distribuiti a livello globale, i beni messi in pericolo dall’aumento delle temperature. Secondo questo approccio, le perdite sarebbero causate dalla devastazione di eventi meteorologici sempre più estremi e da una riduzione degli utili a disposizione delle persone colpite dal cambiamento climatico.
Nell'ottimistica ipotesi in cui gli obiettivi fissati dalla COP 21 vengano raggiunti, si tratterebbe della distruzione di circa il 2% delle attività finanziarie mondiali. Progressivamente più consistenti le conseguenze legate a un aumento delle temperature superiore ai 2,5°, fino a giungere all'eventualità più estrema e pessimista, stimata all'1% ma presente a guisa di monito, che il global warming arrivi a riguardare ben il 17% delle attività finanziarie planetarie (24 trilioni di dollari). Lasciati da parte - per un attimo e a fatica - risorse naturali, biodiversità animale e salute degli esseri umani, secondo gli esperti si tratterebbe di un colpo a cui l'economia mondiale potrebbe non sopravvivere.
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4 Novembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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