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Secondo il rapporto preliminare del Piano Nazionale Inceneritori, i 2 milioni di rifiuti aggiuntivi l'anno che si prevede di bruciare con la realizzazione dei nuovi impianti non incideranno direttamente sull'ambiente e per il momento non si prevede, dunque, una valutazione approfondita. Quanto siamo lontani dalla trasparenza e dalla partecipazione del débat public francese?
Il rapporto preliminare del Piano Nazionale Inceneritori presentato nelle scorse settimane dal Ministero dell’Ambiente prevede la realizzazione di dodici nuovi impianti che bruceranno 2 milioni di rifiuti aggiuntivi all'anno, circa il 30% in più rispetto ad oggi. Ma stiamo sereni: da quanto si legge nel documento, questo non andrà a incidere “direttamente sulle componenti ambientali”; per ora non sarà, d'altra parte, possibile sapere se comporterà il superamento dei livelli di qualità dell’aria, per via di scelte - a discrezione regionale - non ancora compiute.
Nessuna traccia nel rapporto delle 450 mila tonnellate in più di scorie e ceneri, delle 2 mila tonnellate di ossidi di azoto, dei 545 chili di mercurio e di tallio; neanche l'ombra delle 110 tonnellate in più di polveri sottili, 1,1 grammi di diossine e furani e 1 milione e mezzo di tonnellate di anidride carbonica che, come rivela l'Espresso, il Forum dei movimenti per l'acqua ha stimato partendo da uno studio dell'Arpa-Emilia Romagna sui termovalorizzatori di ultima generazione.
Perché non indagare? Perché velocizzare i tempi e non approfondire, invece, con una Valutazione ambientale strategica(Vas) un argomento di tale interesse per la salute pubblica e per quell'ambiente che il Ministero è stato istituito per tutelare?
Gli inceneritori, infrastrutture promosse per mezzo del decreto Sblocca Italia a “insediamenti strategici di interesse nazionale”, non sembrano poter attendere un'analisi che prevedrebbe uno studio dettagliato e sessanta giorni di osservazione da parte di associazioni, comitati di cittadini, enti locali e quelle Regioni che, in parte, si erano opposte nei mesi scorsi alla decisione statale. Eppure le alternative, che tendono a economia circolare e a modelli rifiuti-free in linea con direttive ed esempi europei di contenimento delle emissioni, non mancano di certo sul territorio italiano.
Sulla base di questi assunti, il tema inceneritori ben si presterebbe ad essere sottoposto a una fase di concertazione pubblica in cui si discutano pro, contro e ulteriori opzioni, sull'esempio di quel débate pulic francese di cui, da anni, si attende l'introduzione nel nostro Paese per garantire principi fondamentali come trasparenza e partecipazione. Ora, dopo la proposta lanciata sull'argomento dal Governo Monti nel 2012 e il rilancio del Pd nel 2015, il nuovo Codice Appalti approvato dal Consiglio dei Ministri prevede l'obbligo di dibattito pubblico per le grandi opere infrastrutturali che abbiano un impatto sul territorio.
Al Ministero delle Infrastrutture resterebbe l'individuazione delle soglie sopra le quali scatta l'obbligatorietà. Sarà la volta buona? Quali tratti assumerà il dibattito pubblico all'italiana e quali saranno i tempi di introduzione? L'urgenza riservata ai nuovi termovalorizzatori potrebbe, in questo caso, essere gradita, e non mancheremo di tenere le orecchie tese per saperne di più.
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