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A diciassette anni dalla sottoscrizione del Protocollo di Kyoto, sono 180 i Paesi che a Lima hanno affermato il proprio impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Ognuno, però, lo farà a modo proprio...
Oltre 180 rappresentanti di altrettanti Paesi del mondo si sono riuniti, in occasione della Cop20 di Lima sui cambiamenti climatici, per individuare un percorso comune nella lotta per la salvaguardia dell'ambiente. Per la prima volta, la principale linea guida stabilita durante l'incontro ha visto tutte le parti in accordo: peccato che la decisione presa sia quella di fare ognuno a modo proprio.
L'evento, che ha attirato su di sé le attenzioni del mondo, si è chiuso lasciando l'amaro in bocca e sollevando non poche proteste: il primo passo verso Parigi 2015 è stato fatto, è vero, ma è apparso quantomai incerto e privo di una direzione chiara.
Il principale risultato della Lima Call For Climate Action, infatti, è stato quello di ottenere il consenso da parte di tutte le economie partecipanti in merito alla messa in atto di obblighi di riduzione dei gas serra, senza però stabilire nessuna strategia internazionale. In quest'ottica Lima è stata percepita da molti come un'occasione sprecata, nonostante si si comunque rivelata un passo avanti rispetto al Protocollo di Kyoto.
Il problema, in realtà, è che sono passati ben diciassette anni dalla sottoscrizione del trattato nipponico e ad oggi l'affermazione d'impegno da parte di 180 Governi, compresi quelli di Paesi in via di sviluppo, non è più sufficiente: è il momento di azioni concrete e programmi dettagliati, il momento dell'azione.
A Lima, insomma, ci si è fermati all'appello: ora, per conoscere i programmi che verranno messi in atto e gli obiettivi che verranno fissati dai singoli Paesi in vista del 2020, occorre aspettare fino allo scadere del termine informale per la presentazione dei singoli piani, fissato al 31 marzo 2015. Soltanto allora l'Onu potrà valutare se i singoli piani, gli Intended Nationally Determined Contributions, saranno sufficienti limitare il riscaldamento globale.
Uno dei principali ostacoli alla negoziazione degli obiettivi ambientali si è rivelata, ancora una volta, la netta separazione tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo: il sostegno economico a quest'ultimo gruppo sembra essere un nodo di impossibile scioglimento e solo dopo molte ore straordinarie si è arrivati alla sottoscrizione di un testo di compromesso tra le richieste di questi due principali fronti in opposizione. Un risultato ancora lontano da una effettiva comunione d'intenti.
I negoziati sul clima, insomma, procedono con passo estremamente lento e senza dare segni di possibili accelerazioni: il problema è che i cambiamenti climatici e il surriscaldamento del pianeta non stanno affatto facendo lo stesso.
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4 Novembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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