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Il fenomeno del car sharing è ormai sulla cresta dell'onda. La condivisione dell'auto, complici le nuove tecnologie, sta entrando sempre più nelle nostre abitudini quotidiane, rivoluzionando il concetto tradizionale di trasporto urbano.
I vantaggi che derivano dal car sharing sono molteplici: dal ridimensionamento del traffico alla riduzione delle emissioni di CO2 nell'aria, la condivisione della vettura è un modo efficace per risparmiare tempo e denaro (e polveri sottili).
C'è da dire, però, che la diffusione dell'auto “partecipata” e il potenziale di crescita di questo sistema non è uguale in tutte le parti del globo. A toccare questo tasto è la ricerca condotta dall'Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche (Iit-Cnr), dal Mit, dalla Cornell University e dalla società Uber, che ha utilizzato i big data per predire le potenzialità del ride-sharing in 30 città mondiali.
Questo corposo gruppo di ricercatori ha scoperto, attraverso l'analisi di oltre 200 milioni di viaggi di taxi effettuati a New York, Singapore, San Francisco e Vienna, che ci sono leggi della mobilità condivisa che possono essere applicate a qualsiasi città.
“La mobilità condivisa – spiega Paolo Santi, ricercatore presso l’Iit-Cnr e il Mit Senseable City Lab - si sta diffondendo sempre più: UberPool, che è il servizio di Uber con conducente non professionista per la condivisione dei viaggi, è attivo in oltre 30 città, inclusa San Francisco dove è scelto da oltre il 50% dei suoi clienti. Grazie alla mole di dati generati da questo e simili sistemi, è possibile quantificare il potenziale della mobilità condivisa in un modo che era finora impossibile”.
Grazie a questi dati, i ricercatori hanno potuto definire un modello di legge universale del ride-sharing urbano, che si basa su tre parametri: l'area urbana, la densità delle richieste di viaggio e la velocità media del traffico. Tali indici sono utili per ottenere una stima molto precisa del numero di viaggi che può essere condiviso nel perimetro di una data città.
Sulla base di questa legge, il team di ricercatori è stato in grado di predire accuratamente il potenziale di condivisione delle città oggetto della ricerca, così da poter stilare una classifica.
“Abbiamo scoperto, per esempio, che Milano ha un potenziale di condivisione dei viaggi di circa il 50%, cinque volte maggiore di Roma: questa differenza è in gran parte dovuta alla diversa velocità del traffico cittadino. Di tutte le città studiate, New York è risultata la città più 'condivisibile' con il 62%, Berlino e Londra fra le meno 'condivisibili', con il 10-15%” - sottolinea Paolo Santi dell’Iit-Cnr. “I risultati della ricerca – continua Santi - mettono anche in luce certe somiglianze tra città storicamente e strutturalmente diverse come Vienna e New York. Questo risultato è sorprendente e la spiegazione possibile per tale somiglianza, nonostante le differenze strutturali, è che ciò che influenza la condivisibilità dei viaggi, è il modo in cui sono organizzate le nostre vite, più che la disposizione della città”.
Per il direttore del Senseable City Lab del Mit Carlo Ratti, che ha guidato la ricerca, “con i veicoli a guida autonoma che stanno per arrivare sulle nostre strade, la condivisione delle auto e dei viaggi potrebbe diventare sempre più diffusa, creando nuovi sistemi di mobilità che rappresenteranno un ibrido fra trasporto pubblico e privato”.
Ciò costituisce un'ottima possibilità non solo per l'ambiente, ma anche per chi vive in città, dal momento in cui la condivisione dell'auto potrebbe ridurre drasticamente il numero di veicoli in circolazione combattendo l'odiato traffico urbano.
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