Quanto inquina veramente l’industria della bellezza?
Sostenibilità

Quanto inquina veramente l’industria della bellezza?

Il settore della cosmetica è, dati alla mano, uno di quelli che inquina di più con i suoi imballaggi non riciclabili. Che direzione stanno prendendo le aziende?

L’industria della bellezza produce miliardi di unità di imballaggio non riciclabili: a dirlo è Zero Waste Week che, nel solo 2018, ha registrato circa 120 miliardi di involucri in materiale plastico ad alto impatto ambientale.
Siamo lontani, dunque, da quella realtà scintillante che ci viene propinata nelle pubblicità: i dati ci restituiscono un universo sommerso fatto di plastiche che, nella peggiore delle ipotesi, finiscono nei nostri oceani danneggiando irrimediabilmente l’ecosistema.

Secondo il documentario della BBC Blue Planet II, più di 8,3 miliardi di tonnellate di plastica sono state prodotte dagli anni '50 e circa il 60% di queste è finito in discarica o nell'ambiente naturale. Dalle rilevazioni Unearthed di Greenpeace , buona parte dei rifiuti plastici prodotti nell’Europa occidentali sono finito in siti di rifiuti illegali in Malesia , che è diventata la principale destinazione mondiale per la plastica dopo la Cina. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, consumatori e ricercatori: per l’ONU, nel 2050 i nostri oceani avranno più plastica che pesci.

Il problema non è solamente negli imballaggi: alcuni ingredienti per la cura della pelle, inclusi BHA (idrossitoluene butilato) e BHT (idrossanolo butilato), conservanti spesso presenti negli idratanti e nel trucco, sono stati associati a potenziali danni ambientali. L’ossibenzone, uno dei principali ingredienti delle creme solari, è responsabile dello sbiancamento della barriera corallina.Clicca qui per approfondire!

Come invertire la rotta e limitare al minimo l’impatto ambientale degli imballaggi cosmetici? Ci sono diverse soluzioni alternative alla plastica, come la bioplastica, un bio-polietilene derivato principalmente dalla canna da zucchero, 100% rinnovabile. Oltre alle plastiche di origine vegetale, ci sono anche altri modi per limitare l’impatto ambientale del packaging: uno di questi, ad esempio, consiste nell’eliminarlo del tutto. In questo, Lush Cosmetics insegna: nei suoi store, gran parte dei prodotti sono distribuiti senza alcun packaging. Molte aziende stanno sperimentando materiali alternativi per la creazione di prodotti di bellezza: ad esempio Bogobrush produce spazzolini 100% riciclabili, realizzati con plastiche al loro secondo ciclo di vita oppure biodegradabili, composti da bioplastica mescolata con il materiale vegetale di scarto delle aziende agricole americane.

Sul tema dell’inquinamento da plastiche c’è un’attenzione sempre crescente da parte dei consumatori. Secondo un sondaggio condotto da Unilever, un terzo dei consumatori ha ammesso di acquistare da marchi che rendono chiare le loro credenziali di sostenibilità . Anche le grandi aziende stanno cambiando la loro percezione sul tema, cominciando ad adottare misure concrete contro l’inquinamento plastico. Chanel sta investendo in Sulapac , una start-up finlandese che produce imballaggi sostenibili da un materiale biodegradabile privo di microplastiche, ottenuto da trucioli di legno certificati FSC e leganti naturali.


Attualmente circa 250 dei colossi del business, che insieme costituiscono il 20% di tutti gli imballaggi di plastica nel mondo, hanno collaborato con la Ellen MacArthur Foundation per impegnarsi a ridurre il loro utilizzo di plastica quando non strettamente necessario. L’obiettivo è quello di rendere, entro il 2025, tutti gli imballaggi in plastica riutilizzabili e/o utilizzare materiali compostabili.

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