Qualità dell’aria: dalla Cina aumento di sostanza inquinante vietata
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Qualità dell’aria: dalla Cina aumento di sostanza inquinante vietata

 

Secondo una ricerca, almeno il 40-60% dell'aumento di emissioni di CFC- sostanza vietata dal Protocollo di Montreal- proviene dalla Cina. Il dato va ad aggravare una situazione già sconfortante a livello di inquinamento, decretato a ragione minaccia per la salute dell'umanità.

Era famoso soprattutto negli anni Novanta, in quanto maggiore responsabile dell'effetto serra e del buco dell'ozono. Il triclofluorometano (CFC-11) è stato vietato dal Protocollo di Montreal, che ne ha decretato l'eliminazione graduale della produzione entro il 2010. Diminuita sostanzialmente dalla metà degli anni '90, la concentrazione di CFC-11 ha ricominciato ad aumentare.

In questo contesto si situa il report pubblicato sulla rivista “Nature” a firma di alcuni ricercatori dell'Università di Bristol. Secondo tale studio, i circa 7.000.000 di chilogrammi di emissioni di Cfc all'anno in più fra il 2014 e il 2017 rispetto a quelle del periodo 2008-2012 provengono dalla Cina continentale orientale, più precisamente dalle regioni di Shandong e Hebei; impossibile non ricondurre i risultati a un nuovo uso della sostanza vietata.

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Purtroppo, la notizia va ad aggravare ulteriormente un quadro globale che definire poco confortante è riduttivo. Secondo l'Environmental Performance Index (EPI), rapporto biennale la cui più recente edizione è stata resa nota nel 2018, la scarsa qualità dell'aria costituisce la maggiore minaccia ambientale alla salute pubblica. 


Secondo l'analisi "State of Global Air 2019", lo smog costa ai bambini nel mondo 20 mesi in termini di aspettativa di vita, con picchi di 30 mesi nelle zone più soggette a inquinamento, inclusa parte dell’Asia. Il documento è stato realizzato dallo Health Effects Institute (HEI) in collaborazione con l’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell'Università di Washington, l'Università della British Columbia e l'Università del Texas.

Il report EPI valuta 180 Paesi sulla base di 24 indicatori, distribuiti in 10 categorie connesse alla salute ambientale. La Svizzera guida la classifica di sostenibilità, seguita da Francia, Danimarca, Malta e Svezia. India e Bangladesh possono essere rintracciate nella parte bassa della classifica, chiusa da Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Nepal.

E la sopracitata Cina? Il Paese occupa la centoventesima posizione, riflettendo secondo gli esperti “la pressione che una rapida crescita economica impone sull'ambiente”.

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