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Ridurre emissioni e sfruttamento delle risorse nel settore tessile grazie al minimal approach e alla Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Ed è in arrivo anche il passaporto per i capi di abbigliamento.
Quanto incide il settore dell’abbigliamento nello sfruttamento delle risorse? È il terzo per consumo di acqua e sfruttamento del suolo, tra i primi cinque per impiego di materie prime ed emissioni di gas serra.
La SERR e il minimal approach
Lo afferma il report redatto da SERR, la Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, progetto di sensibilizzazione che fa capo alla Commissione europea ed è sostenuto da un network internazionale di enti e associazioni. La riduzione degli sprechi è l’obiettivo che SERR si pone di perseguire nel più breve tempo possibile: lo definisce minimal approach ed è un’impellenza alla quale l’iniziativa risponde con una precisa lista di risultati e good practices.
Meno sprechi, più riuso
Partiamo dai numeri: si stima che il settore tessile in Europa sia il quarto con la maggiore incidenza in termini di consumi, dopo alimentazione, abitazione e mobilità. Un ambito che ha un grande impatto per produzione, distribuzione e, non ultimo, per attitudini di acquisto da parte di clienti molto legati al fast fashion. Eppure, è innegabile che si tratti di un settore benefico per l’indotto economico, che impiega direttamente oltre un milione e mezzo di cittadini europei, creando inoltre opportunità commerciali e lavorative collaterali. Ma fortunatamente, inizia a essere un settore che vive due volte. Grazie al second hand, infatti, l’indotto cresce considerevolmente, generando un doppio canale di utilizzo e allungando la vita media dei singoli prodotti. Perciò, oltre all’abitudine virtuosa del riutilizzo di capi già esistenti, il mercato tessile del riuso genera tra i 20 e i 35 posti di lavoro ogni 1.000 tonnellate di tessili raccolti.
I dettagli dell’agenda europea
Per il 2030 la SERR si pone come obiettivo la sensibile contrazione del macrosettore del fast fashion e la tendenza di un second hand sempre più presente. Questo grazie sia a una crescente sensibilità da parte dei consumatori, ma anche grazie ad accorgimenti e nuove regole pensate per il mondo del tessile. Come ad esempio l’immissione sul mercato di tessuti più resistenti e durevoli che, oltre a rappresentare un risparmio economico per l’acquirente, allungherebbe anche il ciclo di vita del prodotto. Altro obiettivo su scala europea è quello di produrre tessuti a partire da fibre riciclate, più sicuri per la salute perché sottoposti a un double check per eliminare le sostanze tossiche. Un dato di fondamentale importanza che non va mai scisso dall’attenzione ambientale è, poi, quello delle condizioni lavorative a cui sono sottoposti i dipendenti impiegati nella filiera. Un capo che fa bene al pianeta è un capo che impatta meno sull’ambiente, nonché un prodotto che tiene in grande considerazione le risorse umane. Questa circolarità dell’abbigliamento permetterebbe, dunque, di pesare molto meno anche sulle fasi di incenerimento e smaltimento in discarica. Il progetto europeo prevede l’introduzione di un passaporto digitale dei prodotti: una sorta di etichetta complementare per raccontare l’iter produttivo in relazione ai criteri di composizione, fattibilità, riciclo e distribuzione.
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