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Immagine: Reuben Rohard, Unsplash
Le collezioni uomo Autunno-Inverno 2023-’24 raccontano di una presa di coscienza da parte delle maison, che gradualmente iniziano a convertire i propri sistemi di produzione o a integrare con processi di upcycling.
Come inizia il 2023 per la moda? La Milano Fashion Week Uomo è una cartina al tornasole che rivela molto di come il fashion system percepisca la tematica ambientale. Si è già visto quanto sia vivace il panorama di start-up e microimprese che hanno ben presente l’urgenza. E le istanze green iniziano a essere centrali anche per la moda “istituzionalizzata”: ne è la dimostrazione l’adesione della Camera Nazionale della Moda italiana alla European Fashion Alliance (EFA), ad esempio. L’associazione, fondata a giugno dello scorso anno, mira al raggiungimento a livello europeo di un ecosistema di moda autenticamente sostenibile, che include tra gli obiettivi un ciclo produttivo CO2 free e circolare.
Alla Milano Fashion Week Uomo collezioni Autunno-Inverno 2023/’24, è stato possibile constatare come questi buoni propositi siano già comparsi sulle passerelle. Zegna, ad esempio, per votarsi a una dimensione di maggiore consapevolezza e sostenibilità ha creato la collezione “Oasi di cachemire”. Tra volumi over e fantasie geometriche, racconta di un brand che mira a essere tracciabile al 100% entro il 2024. Ma non solo: nel coniugare futuro ed eredità sartoriale, Zegna recupera la tradizione della maison con un filato, il casentino, idrorepellente e molto resistente. Capace, cioè, di garantire durata dei capi sul lungo termine e disincentivarne l’acquisto periodico.
Canali, poi, altro brand che sta esportando la couture italiana soprattutto in Cina e in India, lavora sempre più alacremente nella direzione della sostenibilità. La collezione presentata a Milano nei giorni scorsi parla di eleganza, ma anche di un impegno teso a misurare l’impatto delle produzioni sull’ambiente. L’azienda ha deciso di calcolare scientificamente il peso delle collezioni attraverso gli studi OEF (Organisation Environmental Footprint) e PEF (Product Environmental Footprint). Si tratta di due metodologie che prendono spunto dalla Raccomandazione 2013/179/UE della Commissione Europea anti-greenwashing, per un’analisi scientifica di 16 criteri, dal consumo di acqua, all’incidenza sugli ecosistemi. Uno studio utile all’azienda per far emergere anche la durevolezza dei capi realizzati con materiali organici certificati o riciclati di altissima qualità. Una collezione che non solo si ispira alle nuance della natura, ma rivela il suo rispetto per l’ambiente attraverso le imbottiture realizzate con un processo di upcycling dagli scarti dei tessuti.
Lo storico marchio divenuto emblema degli impermeabili, K-Way, ha trasportato a Milano il Cafè de la Paix di Parigi, dove – leggenda narra – nacque l’idea di giacche antipioggia che coniugassero praticità e stile. E a oltre sessant’anni da quella sagace intuizione, la passerella milanese sembra più che mai calata nel contesto attuale. La scelta è stata quella di utilizzare tessuti riciclati o sfruttare il riuso di scarti di nylon, fodere in ecofur o piuma riciclata.
Dunque, le sfilate della MFW Uomo svelano già un dato molto rilevante: che anche alta moda e prét-à-porter, spesso più refrattarie ai cambiamenti, hanno intercettato lo zeitgeist. E questi tentativi dimostrano come l’attenzione alle risorse ambientali nella produzione sartoriale non collida con i concetti di stile e artigianalità, da sempre vessillo della moda Made in Italy.
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