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Una nuova ricerca ha analizzato il cambiamento delle caratteristiche delle piante e pone nuovi interrogativi sul ruolo della vegetazione nel controllo del riscaldamento globale.
L’aumento della percentuale di CO2 nell’aria non è di certo una novità: si tratta, purtroppo, di un fenomeno che è sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori da decenni. Uno degli oggetti di studio degli ultimi anni è un evento correlato a questo incremento di CO2, che sembra eserciti un curioso impatto sulle piante: è stato riscontrato che queste aumentano lo spessore delle loro foglie anche di un terzo.
Cosa comporta questo ispessimento? La mutazione delle foglie influenza il rapporto tra massa e superficie verde, creando delle alterazione in processi fondamentali come fotosintesi, evaporazione, scambi gassosi, stoccaggio degli zuccheri.
I ricercatori dell’Università di Washington hanno studiato proprio questo fenomeno, osservando che, negli ultimi anni, l’ispessimento avviene in gran parte delle piante che operano la fissazione del carbonio, ossia l'incorporazione del carbonio della CO2 atmosferica in zuccheri utili per la pianta, avviando la fotosintesi.
A partire dall’osservazione di questa mutazione delle foglie, Abigail Swann e Marlies Kovenock, biologi specializzati in scienze atmosferiche, hanno immaginato quale sarà l’impatto sull’atmosfera, considerando la percentuale di CO2 prevista nell’aria entro la fine del secolo. Ad oggi la concentrazione di CO2 in atmosfera è di oltre 410 parti per milione (ppm).
Immaginando di procedere a questi ritmo, entro fine secolo questa concentrazione potrebbe sfiorare le 900 ppm. Il gruppo di ricercatori americani, nella loro simulazione, hanno considerato livelli di CO2 più bassi, ossia 710 parti per milione.
Nella ricerca pubblicata sulla rivista Global Biogeochemical Cycles, gli studiosi hanno osservato che, seguendo questo trend e considerando l’ispessimento delle foglie, il contributo della vegetazione alla cattura di anidride carbonica sarà meno rilevante di quanto ci si aspetti.
Se consideriamo uno scenario in cui nell’atmosfera ci sono 710 ppm di CO2, resterebbero ogni anno nell'aria che respiriamo 6,39 miliardi di tonnellate di carbonio in più. Si tratta di un livello non molto lontano da quello di carbonio immesso ogni anno in atmosfera a causa dei combustibili fossili (8,8 miliardi di tonnellate).
Ciò avrebbe delle conseguenze anche sull’aumento della temperatura globale, che potrebbe salire ulteriormente di 0,3-1,4 gradi per via di questo fenomeno. Nonostante l’ispessimento delle foglie sia un fattore osservato da tempo, nessuno prima dei ricercatori di Washington aveva provato a condurre uno studio onnicomprensivo di questo aspetto, valutandone l’impatto sul lungo periodo.
Alla luce di queste analisi, la richiesta degli scienziati è molto chiara: “I nostri risultati suggeriscono che le acclimatazioni dei tratti vegetali, come la variazione della massa fogliare per area, dovrebbero essere considerate nelle proiezioni climatiche e fornire una motivazione aggiuntiva per esperimenti ecologici e fisiologici che determinano le risposte delle piante all'ambiente”.
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