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Gli istituti sono alla ricerca della via migliore per contribuire alla neutralità climatica senza tradire quella che è la loro missione, ovvero il mantenimento della stabilità dei prezzi
Le banche centrali dei paesi occidentali hanno deciso di tenere in alta considerazione le tematiche legate alla sostenibilità ambientale al fine di contribuire alla lotta contro i rischi climatici. Rimane però ancora aperta la discussione su come possano farlo senza compromettere la propria indipendenza e senza tradire quella che è la loro missione, ovvero il mantenimento della stabilità dei prezzi. Ormai è infatti assodato che i rischi derivanti da eventi climatici come i disastri ambientali possono rendere più complicato il compito delle banche centrali rispetto ai loro obiettivi di stabilità dei prezzi, così come le politiche di transizione energetica, con interventi ad esempio come le tasse sulle emissioni, possono provocare nel breve periodo oscillazioni nei prezzi di beni e servizi. Cristine Lagarde, presidente della Bce, appena insediatasi al timone dell’istituto di Francoforte, ha subito chiarito che la sostenibilità ambientale e l’integrazione del cambiamento climatico nella politica monetaria sarebbero state al centro del suo mandato. A chi l’ha accusata di aver “distratto” in questo modo l’istituzione finanziaria dal controllo dell’inflazione, Lagarde ha risposto che “il cambiamento climatico può piuttosto creare volatilità a breve termine della produzione e dell’inflazione attraverso eventi meteorologici estremi e, se non affrontato, può avere inoltre effetti di lunga durata sulla crescita e sull’inflazione”.
Lo scorso anno l’Unione Europea ha incaricato un gruppo di banche di collocare il suo primo green bond a tasso fisso, un'obbligazione di 15 anni con scadenza a febbraio 2037, un taglio fissato in 12 miliardi di euro. I proventi raccolti con il bond verde saranno utilizzati per nove grandi categorie di spesa, come l'efficienza energetica, l’energia pulita e l'adattamento ai cambiamenti climatici, nell’ambito del programma NextGeneration EU. Dei circa 800 miliardi di questo progetto, almeno il 30% dovrà infatti essere reperito sui mercato attraverso emissioni green.
Nell’articolo “Un QE per la sostenibilità” pubblicato di recente in Italia dall’Ispi, l’accademico José L. Reséndiz indica una via alternativa ai green bond già adottata da una banca centrale per mettere in atto una politica di sostenibilità. Ad oggi, spiega Reséndiz, “la sola istituzione ad aver esplicitamente inserito il cambiamento climatico (tra i suoi obiettivi, ndr) è stata la Banca d’Inghilterra, che lo ha fatto dal 2021 supportando la transizione verso la neutralità climatica prevista per il 2050”. Nel 2021 la banca centrale inglese ha deciso che il suo Corporate Bond Scheme (CBPS), un piano di acquisto di bond emessi da aziende considerate strategiche per lo sviluppo dell’economia britannica, d’ora in poi avrebbe considerato anche gli indicatori ambientali nella selezione delle società che possono essere ammesse al programma, premiando così quelle più virtuose nell’ambito della sostenibilità. In questo modo, sottolinea Reséndiz, si è voluto “incentivare le imprese ad avviare una transizione verso la neutralità climatica senza mettere in pericolo gli obiettivi fondamentali di politica monetaria. Anziché focalizzarsi esclusivamente su asset verdi, come i green bond, spiega l’accademico, “la Banca d’Inghilterra ha scelto un approccio di finanza della transizione che riconosce il ruolo chiave dei capitali nel portare avanti politiche realistiche e ambiziose di decarbonizzazione nelle industrie a maggiore intensità carbonica”. Ora bisognerà capire quanto questa scelta impatterà sull’economia reale e sulla transizione verso la neutralità climatica. E se sarà dunque effettivamente la via più adatta per le banche centrali per mettere in atto interventi a favore della sostenibilità.
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