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In Italia aumenta il numero di chi ricorre a mezzi alternativi per compiere le brevi tratte quotidiane. Si diffondono i mezzi pubblici ecologici, aumentano pedoni e i ciclisti ma paradossalmente cresce anche il numero delle automobili.Nella questione ambientale e climatica un ruolo decisivo è giocato dalla mobilità. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una sorta di rivoluzione dei trasporti, soprattutto quelli urbani, in favore di una mobilità sostenibile.
Questa metamorfosi non si sta verificando però uniformemente: in Europa risulta evidente una certa disparità tra Sud e Nord, con una maggiore propensione al cambiamento da parte degli Stati nordici.
L’Italia rientra in quella lista di paesi del sud Europa che ancora devono fare passi avanti, anche se alcuni risultati e un cambiamento delle abitudini delle persone stanno comunque avvenendo. Ciò che risalta maggiormente è che gli italiani stanno sempre più lasciando le auto in garage, preferendo spostarsi in bicicletta o a piedi. A testimoniarlo, ad esempio, i dati diffusi dal sito “Alla Carica - Generation Electricity” sostenuto dal Ministero dell’Ambiente, che hanno visto la percentuale degli spostamenti a piedi salire dal 17,1% nel 2016 al 22,5% nel 2017.
Nelle principali città italiane si sta verificando anche un processo di conversione dei mezzi di trasporto pubblico in favore di mezzi a emissioni ridotte o nulle. Prima fra tutte Milano, che sta mettendo in atto un piano di rinnovamento che prevede entro il 2020 il raggiungimento di una percentuale del 15% di mezzi a ridotte o nulle emissioni sul totale di mezzi pubblici, con l’obiettivo di arrivare al 2030 alla totale conversione del trasporto pubblico all'elettrico.
Anche taxi e car sharing fanno la loro parte: a Firenze per esempio quest’ultimo è per metà basato sull'elettrico.
Sebbene i dati relativi al trasporto pubblico siano positivi, lo stesso non si può dire del comparto privato. Se da una parte sono aumentate le percentuali degli spostamenti pedonali e ciclistici, dall'altra i numeri relativi ai veicoli privati a emissioni nulle o ridotte restano comunque molto bassi. È vero che nelle principali città dello stivale i piani di sviluppo della rete di colonnine di ricarica per le auto elettriche sono in fase di attuazione, ma quello che manca sono delle misure statali che possano favorire la sostituzione delle vecchie auto con le ibride o le elettriche.
Il numero delle automobili private è in aumento ma si tratta comunque in gran parte veicoli datati: un effetto negativo dell’aumento della disparità sociale e dell’impoverimento di una crescente fetta della popolazione nazionale. L’aumento del numero delle famiglie vicine alle soglie di povertà è il fattore che più di ogni altro pregiudica ai più la possibilità di investire prezioso denaro nell’ammodernamento dei mezzi di trasporto.
In Germania, il presidente dell’Associazione dell’Industria Automobilistica tedesca ha dichiarato che “senza mobilità elettrica gli obiettivi di abbassamento delle emissioni di CO2 non potranno essere raggiunti entro il 2030”. Ha aggiunto poi che l’industria automobilistica tedesca stanzierà finanziamenti per 60 miliardi di euro nello sviluppo delle tecnologie per le auto elettriche ma anche per offrire contributi ai cittadini che ne acquisteranno. In Italia invece, iniziative di questo tipo non esistono e il numero delle auto ibride o elettriche resta ancora oggi una percentuale molto piccola dell’intero parco auto nazionale.
I prezzi delle auto ibride sono decisamente superiori a quelli delle auto con propulsori “tradizionali”, per non parlare del 100% elettrico. Si è creato così un circolo vizioso per il quale sono stati giustamente imposti dei limiti di circolazione ai mezzi più inquinanti. Per contro, dallo Stato non arrivano contributi significativi (che, perché no, potrebbero viaggiare anche in funzione del reddito) per l’acquisto di un veicolo più ecologico, ma soltanto disincentivi all'acquisto di auto altamente inquinanti come l’ecotassa.
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