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Un’indagine Eurostat ha evidenziato che nel 2018 le rinnovabili hanno contribuito per il 18% al fabbisogno energetico totale comunitario, con un +0,5% rispetto al 2017: una crescita troppo lenta per raggiungere l’obiettivo del 20% fissato per il 2020.
Da un’indagine Eurostat è emerso che la percentuale di partecipazione delle fonti rinnovabili all’intero fabbisogno energetico comunitario del 2018 è stata del 18%, mezzo punto percentuale in più rispetto ai rilievi relativi all’anno precedente.
Ancora una volta i Paesi nord-europei si confermano essere quelli trainanti: il loro contributo ha un impatto significativo su quel 18% come dato medio dell’intera UE. A guidare la lista c’è infatti la Svezia, dove da fonti rinnovabili si è ottenuto il 54,6% dell’intera produzione energetica, a seguire la Finlandia con il 41,2% e la Lettonia con il 40,3%. Al di fuori dei confini politici UE impressiona il dato fornito dai rilievi effettuati in Norvegia, dove la percentuale ha ormai raggiunto il 72,8%.
Stando a quanto riferisce Eurostat l’Italia, seppur nemmeno lontanamente vicina ai numeri dei Paesi baltici e scandinavi, con il suo 17,8% può mostrare soddisfazione per il raggiungimento anticipato dell’obiettivo del 17% fissato per il 2020, un traguardo che per la precisione venne raggiunto già nel 2014, quando le tabelle riportavano per il nostro Paese una percentuale del 17,1%.
In chiusura alla classifica si piazzano i Paesi Bassi, che nel 2018 hanno sfruttato le fonti rinnovabili per produrre soltanto il 7,4% dell’energia consumata, a loro volta preceduti, seppur di poco, da Malta, Lussemburgo e Belgio.
Il trend è chiaramente in crescita se si considera che nel 2004 le rinnovabili partecipavano soltanto per l’8,5% al consumo totale di energia nell’intera unione. Tuttavia è anche evidente che si tratta di una crescita troppo lenta, forse addirittura insufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi imposti per questo 2020, momento in cui la percentuale dovrà essere del 20%.
Dalle tabelle appare chiaro che la crescita delle quote di energia da rinnovabili ha perso il passo rispetto al ritmo mantenuto fino al periodo precedente al 2015. Questo è un particolare che desta non poche preoccupazioni in seno all’UE, gettando dubbi sull’effettiva possibilità di raggiungere l’obiettivo del 2030 fissato (ancora per il momento) al 32%.
Di fronte a questi dati i leader europei devono fermarsi a riflettere e provvedere al più presto a sanare una situazione che, se esaminata nel complesso e non caso per caso, non è particolarmente esaltante. Chiaramente la conversione totale alle rinnovabili appare come una svolta ancora molto lontana, ciononostante i governi nazionali dovrebbero quanto meno muoversi quanto più rapidamente per operare un taglio delle emissioni a breve termine. Il prezzo da pagare, altrimenti, sarà il fallimento del tentativo di contenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C.
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