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147 miliardi di euro e 4 milioni di posti di lavoro: l’economia circolare fa bene all’ambiente e alle persone in Europa. La Commissione Europea annuncia nuovi obiettivi di riciclo.
Il futuro dell’umanità va ricercato letteralmente nei rifiuti. Non nell’accezione negativa del termine, sia chiaro, ma con positività. Ci si sta rendendo conto su scala globale della necessità di adottare un’economia circolare, un sistema che da teoria negli ultimi sta mutando in realtà: crescono i segnali in questa direzione anche da parte delle istituzioni internazionali.
Negli anni passati siamo stati abituati a concepire la vita di un qualsiasi prodotto di consumo in maniera lineare, come se seguisse una linea retta: dalla lavorazione di una materia prima si ottiene un prodotto, questo viene venduto, utilizzato e alla fine buttato, accumulato o al massimo bruciato per produrre energia. Sono molti gli aspetti contraddittori di questo ciclo-non ciclo che si è perpetrato per secoli: si pensi, ad esempio, ai consumi e i costi da sostenere per l’estrazione della materia prima per la trasformazione, il trasporto e l’eliminazione. Eppure, i dati degli ultimi anni ci dimostrano che l’economia circolare è davvero in grado di trasformare i rifiuti in risorsa, quantificabile dal punto di vista monetario.
Esistono già oggi delle basi solide e concrete per la messa in pratica di questo sistema. Nel 2015 la Commissione Europea ha redatto un piano d’azione e fissato dei paletti e imposto dei limiti temporali entro cui i paesi aderenti dovranno essere operativi nella circolarità. I benefici sono in primis ambientali: riduzione dello spreco e delle emissioni, rivalorizzazione dello scarto, soprattutto per quanto riguarda la plastica. Non bisogna dimenticare, però, che anche l’aspetto economico-sociale della vita dell’uomo sta già godendo dei benefici dell’applicazione di modelli di economia circolare.
Nel 2016, le attività relative all’economia circolare, che includono la riparazione, il riutilizzo e il riciclo, hanno generato un valore aggiunto di quasi 147 miliardi di euro a livello comunitario, a fronte di investimenti di circa 17,5 miliardi di euro.
Il recupero e la valorizzazione dello scarto hanno fatto registrare un aumento del personale impiegato in tali attività. Il numero complessivo dei lavoratori del settore ha superato quota quattro milioni, un numero che per far fronte alla crescente domanda di materie prime riciclate è oltremodo destinato ad aumentare (ad oggi, un approccio circolare interessa soltanto il 9% dell’economia). In risposta a questi numeri, la Commissione Europea ha fissato obiettivi di crescita ambiziosi per il 2030: il raggiungimento del 70% di riciclo per tutti gli imballaggi e del 60% dei rifiuti urbani, riducendo il conferimento in discarica del 10%.
Un importante focus è riservato alla plastica, per la quale è stato fissato un obiettivo di riciclo del 55% entro il 2030, mentre per il 2025 la Commissione ha fissato al 25% la percentuale di plastica riciclata che dovrà essere utilizzata per la produzione di bottiglie in PET. Entro il 2029 si dovrà invece arrivare alla raccolta differenziata del 90% delle bottiglie di plastica: si guarda ora ad un futuro nel quale i rifiuti non esistano, ma siano considerati risorse in trasformazione.
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