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La Conferenza Mondiale sul Clima di Parigi (COP21) si avvicina, è tempo di pubblici impegni e promesse. Ecco gli obiettivi, in termini di contributi nazionali per la riduzione di emissioni, di 13 diversi Paesi o blocchi geografici.
Della COP21 si parla da tempo. Ma cosa ci si deve attendere dalla conferenza sul clima in programma a breve (Parigi, 30 novembre- 11 dicembre), e su cosa concretamente possiamo confidare affinché alle parole si facciano seguire i fatti? The Guardian, quotidiano britannico impegnato in campo ambientale e climatico (oltre a essere promotore di campagne a tema, è capofila del Climate Publishers Network, alleanza di testate giornalistiche mirata a portare il global warming in prima pagina), dedica un dettagliato approfondimento all'approssimarsi dell'evento mondiale.
Nello specifico, il focus esplora impegni e obiettivi di 13 Paesi o blocchi geografici (la presenza dell'Unione Europea spiega il distinguo), protagonisti in diversa misura a livello internazionale della lotta al cambiamento climatico. Ecco una panoramica della situazione, condotta attraverso il fil-rouge dell'abbattimento di emissioni:
- Unione europea: giungerà al meeting con l'impegno più ambizioso in termini di tagli elle emissioni, ovvero una riduzione del 40% entro il 2030.
- Giappone: il suo impegno, viziato dagli strascichi del disastro di Fukushima e da scelte pro-carbone, sarà minimo, contemplando una riduzione del 18% rispetto ai livelli del 1990.
- Russia: l'obiettivo dichiarato consiste nel compensare le emissioni, per le quali non sono previste riduzioni, grazie alle ampie aree ricoperte da foreste.
- Stati Uniti: l'impegno per combattere i cambiamenti climatici, preso pubblicamente da Obama nella seconda parte del suo mandato, si concretizza in un taglio del 26-28% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2025 e nella promessa di ulteriori politiche anti-emissioni negli anni successivi.
- Canada: si presenta con un obiettivo fra i meno ambiziosi. Il Paese, fra i maggiori inquinatori a livello mondiale, possiede grandi riserve di sabbie bituminose, da cui si estrae il petrolio.
- Australia: il Paese eredita un impegno modesto dal precedente Primo Ministro, ovvero una riduzione del 36-28% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.
- Brasile: si tratta di un caso atipico per via degli ambiziosi target (rari nei Paesi in via di sviluppo) fissati in termini di riduzione per il tetto di emissioni assolute. Più deboli, invece, gli impegni in merito alle rinnovabili e alla deforestazione.
- Cina: l'impegno pubblico del Paese è atteso in modo particolare per il suo primato in termini di emissioni prodotte. Come parte dell'accordo, la Cina promette di ridurle del 60-65% rispetto al 2005 entro il 2030.
- India: l'impegno del Paese, che vede da un lato milioni di persone senza elettricità e dall'altro vaste riserve di carbone, è subordinato alla crescita economica e riguarda soprattutto l'impiego di energie rinnovabili.
- Indonesia: le informazioni sono scarse e i dati su inquinamento e deforestazione fumosi. In termini di riduzione di emissioni, l'impegno è di tagliare le quantità attuali del 29% entro il 2030.
- Etiopia: responsabile solo dello 0,3% delle emissioni globali, il Paese si aspetta una crescita economica raddoppiata entro il 2030. Promette tuttavia di mantenere inalterate le sue emissioni.
- Messico: il Governo ha presentato un ambizioso programma che prevede un drastico abbattimento delle emissioni entro il 2024. Rimangono aperti interrogativi rispetto alla sua fattibilità.
- Marocco: il Paese si è recentemente impegnato per una riduzione del 13% di emissioni entro il 2030, aggiungendo al programma il taglio di un ulteriore 19%, generato dai fondi internazionali per il clima.
Dopo venti conferenze mondiali sull'argomento, in cui i risultati non sono stati all'altezza delle promesse, essere informati su cosa pretendere dai governi in materia di clima e futuro sostenibile è un diritto a cui è vietato rinunciare.
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4 Novembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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