
Ultime Notizie

Il 30 aprile rappresenta un appuntamento chiave per tutte le aziende italiane con più di 50 dipendenti: è infatti il termine ultimo per la presentazione del rapporto biennale sul divario retributivo di genere, obbligo previsto dall’art. 46 del Codice delle pari opportunità (D.lgs. 198/2006).L’obiettivo è chiaro: misurare e rendere trasparente il gender pay gap all’interno delle organizzazioni, fornendo dati strutturati su retribuzioni, inquadramenti, opportunità di carriera, formazione e politiche per la conciliazione vita-lavoro. Il rapporto, redatto secondo lo schema ministeriale, va trasmesso telematicamente al Ministero del Lavoro e condiviso con i rappresentanti dei lavoratori.Oltre a essere un obbligo normativo, il reporting è anche una leva strategica: sempre più aziende lo utilizzano come base per ottenere la certificazione sulla parità di genere UNI/PdR 125:2022, che dà accesso a benefici fiscali, punteggi nei bandi pubblici e – non meno importante – valorizza l’impegno ESG dell’impresa.
In un contesto europeo che si muove verso una maggiore trasparenza salariale, l’Italia fa dunque un passo avanti sul piano dell’accountability. Ma la sfida della parità di genere non è solo quantitativa. Ce lo ricorda la notizia arrivata dal Regno Unito il 16 aprile: la Corte Suprema britannica ha stabilito che i termini “donna” e “sesso” contenuti nell’Equality Act del 2010 si riferiscono esclusivamente al sesso biologico alla nascita. Una sentenza che esclude, di fatto, le donne transgender con certificato legale di cambio genere dalle tutele previste per le donne cisgender in spazi e servizi dedicati. La decisione ha innescato un forte dibattito internazionale. Da un lato, chi difende la necessità di spazi sicuri per le donne biologiche; dall’altro, chi denuncia un pericoloso arretramento nei diritti delle persone transgender.
In risposta, la giudice Victoria McCloud ha fatto appello alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, mentre la British Medical Association ha criticato duramente la sentenza, definendola “scientificamente infondata”. Un’occasione per riflettere Mentre le aziende italiane affrontano la scadenza del 30 aprile, la questione sollevata oltremanica ci ricorda che la parità non è un concetto univoco né statico. Va definita, misurata, difesa. Nei numeri, nei diritti, nei linguaggi.
E ogni occasione di trasparenza — come il gender pay gap reporting — è anche un’opportunità per domandarsi: che cosa intendiamo oggi, davvero, per uguaglianza di genere?
Tags:
Potrebbero interessarti ...
Oggi scade il Gender Pay Gap
30 Aprile 2025Il tema gender in flessione
12 Marzo 2025Gender Equality, le normative per le aziende secondo l’EIGE
11 Dicembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
Sei un sostenitore dell'ambiente in tutte le sue forme? Allora sei nel posto giusto!
Iscriviti subito!