Infrastrutture e Sostenibilità: cosa prevede la nuova legge quadro sugli interporti
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Infrastrutture e Sostenibilità: cosa prevede la nuova legge quadro sugli interporti

Il Senato si appresta a discutere una riforma attesa da trent'anni: la nuova legge quadro sugli interporti (A.S. 1055), che mira a modernizzare, regolare e soprattutto rendere più sostenibile il sistema logistico nazionale. Un testo articolato che sostituisce la legge 240/1990 e che non si limita a ridefinire norme amministrative o a promuovere investimenti infrastrutturali: introduce, con sorprendente forza, il tema della sostenibilità ambientale, sociale ed economica come asse portante della nuova intermodalità. L’articolo 1 del disegno di legge non si limita a definire l’ambito di applicazione. Esso contiene sei finalità centrali, e ben quattro sono esplicitamente legate alla sostenibilità:

  • b) migliorare e incrementare l’efficienza e la sostenibilità dei flussi di trasporto;
  • e) contribuire alla diminuzione dell’impatto ambientale delle attività logistiche;
  • f) promuovere la sostenibilità economica, sociale e ambientale;
  • d) razionalizzare l’uso del territorio, tema indissolubilmente legato al consumo di suolo.

È una scelta lessicale e politica chiara: sostenibilità non è un concetto accessorio, ma uno dei principi ispiratori della riforma. Il disegno di legge va oltre i buoni propositi. L’articolo 3, che definisce i criteri per la realizzazione di nuovi interporti, introduce vincoli ambientali operativi: le nuove strutture dovranno sorgere in aree bonificate, prevedere infrastrutture per energie rinnovabili, garantire il risparmio energetico e adottare sistemi certificati di sicurezza ambientale. Non si tratta solo di greenwashing normativo: la legge chiama in causa il Codice dell’Ambiente (Dlgs 152/2006) e il rispetto degli obiettivi UE sulle emissioni, ribadendo un vincolo europeo, non solo italiano.

L’articolo 6 rafforza ulteriormente questa visione. Esso stabilisce che i progetti infrastrutturali saranno finanziati secondo un ordine di priorità che tiene conto proprio del loro contributo alla riduzione dell’impatto ambientale. In altre parole, un progetto che porta più sostenibilità ha più probabilità di essere finanziato. Inoltre, è previsto l’adeguamento della rete ferroviaria agli standard europei, con particolare attenzione alla cosiddetta interoperabilità, alla sicurezza e alla “sagoma” dei terminal. La finalità? Ridurre il trasporto su gomma e favorire quello su rotaia – più pulito, più efficiente. 

Il testo dialoga strettamente con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Componente 2 della Missione 3 del PNRR (M3C2) stanzia 630 milioni di euro per l’intermodalità e la logistica integrata, di cui 360 milioni sono sovvenzioni a fondo perduto. Questo impianto legislativo, dunque, si integra in un disegno strategico europeo e nazionale, in cui sostenibilità e sviluppo vanno a braccetto. Un altro elemento da non trascurare è l’istituzione del Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica (art. 4), che assume anche funzioni di coordinamento per la promozione della sostenibilità delle reti logistiche. Vi parteciperanno i rappresentanti delle Regioni, degli interporti e delle autorità portuali. È un modello che punta sulla concertazione e sulla governance orizzontale, altro punto cardine della sostenibilità istituzionale.

Tuttavia, non mancano le criticità. Il testo parla molto di sostenibilità, ma la verifica della sua attuazione concreta resta affidata a strumenti programmatori e regolamenti attuativi, molti dei quali ancora da scrivere. La legge afferma che l’energia deve essere rinnovabile, che le infrastrutture devono essere efficienti, ma non impone standard minimi vincolanti in molti casi. Serve vigilanza, serve un piano di monitoraggio indipendente e, soprattutto, una volontà politica costante nel tempo. Il disegno di legge sugli interporti ha il merito di porre la sostenibilità al centro di una riforma infrastrutturale strategica. Non si tratta solo di costruire nuove strutture: si tratta di ripensare il modo in cui muoviamo le merci, in Italia e in Europa. Di ridurre il trasporto su gomma, di promuovere le ferrovie e l’intermodalità, di integrare i porti con i retroporti e le città con i corridoi europei TEN-T. È una riforma che parla di connessioni fisiche, ma anche di connessioni culturali, tra ambiente, economia e territorio. E come tutte le grandi riforme, dovrà misurarsi non solo con i buoni propositi, ma con la realtà concreta dei cantieri, dei bilanci e delle scelte politiche che verranno.

Bibliografia

Fonti:

  • Dossier del Servizio Studi del Senato n. 428, gennaio 2025
  • Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica
  • PNRR – Missione 3, Componente 2
  • Normativa UE su reti TEN-T

Crediti Foto: Foto di CHUTTERSNAP su Unsplash

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