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Sembrano in dirittura di arrivo le nuove norme Ue sulle catene di approvvigionamento sostenibili.
L’Unione europea ha votato a favore di una nuova direttiva storica che impone alle aziende di controllare le catene di fornitura per verificare la presenza di pratiche ambientali e lavorative scorrette.
Gli eurodeputati e i funzionari governativi hanno concordato un testo provvisorio della direttiva sulla due diligence della sostenibilità aziendale, o CSDDD, a dicembre. Il provvedimento ha però vissuto una fase di stallo a causa delle esitazioni di Germania e Italia.
L'Italia ha finalmente approvato una versione ridotta della legislazione durante una riunione periodica dei diplomatici a Bruxelles e le misure sembrano quindi destinate a diventare legge. Attivisti sociali e ambientalisti come Oxfam e Amnesty International sostengono che le norme impediranno alle aziende di trarre profitto dalla sofferenza umana.
Cosa prevede la direttiva sulla due diligence sostenibile
Il Belgio, che presiede il Consiglio dell'Ue che rappresenta gli Stati membri, nelle scorse settimane si è mosso per diluire le preoccupazioni nazionali sull'eccessiva burocrazia, triplicando una soglia in modo che le regole si applichino solo alle aziende con un fatturato mondiale superiore a 450 milioni di euro nel suo ultimo tentativo di superare un'impasse.
Sono comprese le società madri di grandi gruppi, e ai franchising con fatturato superiore a 80 milioni di euro di cui almeno 22,5 milioni in royalties.
Viene dunque ristretto il campo di applicazione della direttiva rispetto alla proposta iniziale della Commissione Ue del febbraio 2022 che prevedeva l'applicazione dei nuovi obblighi alle società con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 150 milioni di euro.
L'ultima bozza ha visto l’eliminazione delle disposizioni sulla responsabilità civile. Questo consentirebbe ai sindacati di citare in giudizio le imprese non conformi, una misura controversa a cui si sono opposti paesi come la Finlandia.
Il voto del Parlamento europeo
Martedì, Angelika Niebler, del PPE, ha affermato che i piani diluiti avrebbero comunque un impatto indiretto sulle imprese più piccole incoraggiandole ad abbandonare del tutto i Paesi in via di sviluppo.
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