Riduzione emissioni UE: -90% entro il 2040. Ma con quale strategia?
Ambiente

Riduzione emissioni UE: -90% entro il 2040. Ma con quale strategia?

Il 6 febbraio la Commissione europea ha proposto una riduzione del 90% di emissioni nell'Ue entro il 2040. La strategia, però, è controversa.

"Basandoci sui migliori dati scientifici a disposizione, chiediamo una riduzione del 90% entro il 2040. Le parole del Commissario europeo per il Clima Wopke Hoekstra riportano la raccomandazione della Commissione, rivolta a Consiglio e Parlamento, per fissare i target climatici di riduzione di emissioni climalteranti al 2040. Come spiegato dal Commissario, si tratta di una raccomandazione in quanto i provvedimenti legislativi veri e propri dovranno auspicabilmente essere attuati dalla prossima Commissione, che si formerà dopo le elezioni europee di giugno.

In linea con le raccomandazioni del Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici (ESABCC), si esorta allo stesso tempo alla piena attuazione degli obiettivi del 2030, vale a dire una riduzione del 55% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990. Il messaggio giunge, dunque, come un lascito dell’era Von der Leyen, che intende ribadire la direzione da seguire nel prossimo futuro. Ma con quale strategia?

Come raggiungere l’obiettivo

Supportato da un dettagliato Impact Assessment, l’obiettivo è chiaro: le emissioni nette di gas serra nell’Unione europea dovranno essere ridotte del 90% entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. Obiettivo che necessita di una strategia per avere la chance di essere raggiunto.
 

Entrando nel dettaglio di quanto previsto dalla Commissione per il settore energetico, questo “raggiungerà la completa decarbonizzazione subito dopo il 2040, sulla base di tutte le soluzioni energetiche a zero e a basse emissioni di carbonio, comprese le energie rinnovabili, il nucleare, l’efficienza energetica, lo stoccaggio, la CCS, la CCU, la rimozione del carbonio, l’energia geotermica e idroelettrica”. Accanto alle rinnovabili, la proposta comprende quindi una serie di soluzioni più dibattute, tra cui i sistemi di CCS e CCU (cattura, stoccaggio e utilizzo della CO2), la rimozione del carbonio dall’atmosfera e il nucleare.

Per quanto riguarda la transizione dell’industria, secondo la Commissione si dovrà passare attraverso l’elettrificazione dei processi, l’abbandono dei combustibili fossili e l’adozione di pratiche di economia circolare. Accanto a ciò, la comunicazione, l’Impact Assessment e la strategia di carbon management accostano per molti settori industriali l’utilizzo cospicuo di tecnologie CCS. Secondo le stime della Commissione, per raggiungere il target della riduzione del 90% delle emissioni nette, l'Ue dovrebbe essere in grado di catturare almeno 50 milioni di tonnellate entro il 2030, 280 entro il 2040 e 450 entro il 2050.
 

Rispetto al compato dei trasporti, si prevede che “si decarbonizzerà attraverso una combinazione di soluzioni tecnologiche e fissazione del prezzo del carbonio”.

Pressoché assenti sono le indicazioni concrete e strategiche riguardo al settore agricolo, pur responsabile del 10% circa delle emissioni totali di gas a effetto serra nell'UE e ancora di più sotto i riflettori in seguito alle recenti proteste degli agricoltori. “Con le giuste politiche e il giusto sostegno, anche il settore agricolo può svolgere un ruolo nella transizione, garantendo al tempo stesso una produzione alimentare sufficiente in Europa, assicurando redditi equi e fornendo altri servizi vitali come il miglioramento della capacità dei suoli e delle foreste di immagazzinare più carbonio. Un dialogo olistico con l’industria alimentare nel suo insieme, anche oltre i confini dell’azienda agricola, è fondamentale per il successo in questo settore e per lo sviluppo di pratiche e modelli di business sostenibili”.  A supporto di tali auspici, non è stata fissata una soglia di riduzione delle emissioni, assente nel testo finale.


Le reazioni

Non si sono fatte attendere le reazioni che, soprattutto in ambito ambientalista, affiancano al commento della proposta interrogativi e dubbi in merito alla strategia indicata. Come raggiungere concretamente gli obiettivi? Fare affidamento su tecnologie considerate ancora acerbe e costose rischia di disperdere le risorse e rallentare i risultati? In che modo rimandare la definizione di obiettivi di decarbonizzazione in ambito agricolo può agevolare la transizione?
 

Secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, “Si tratta di un’importante decisione politica che avrà un forte impatto sul futuro del Green Deal Europeo. Ora l’Europa faccia un ulteriore passo in avanti e metta in campo un’ambiziosa azione climatica in grado di raggiungere zero emissioni nette già nel 2040 fissando un calendario (2030 per il carbone, 2035 per il gas e 2040 per il petrolio) per il phase-out dei combustibili fossili. E fare così da apripista per tradurre in realtà l’Accordo di Dubai attraverso quel Patto di solidarietà per il clima, proposto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, tra Paesi industrializzati, emergenti ed in via di sviluppo per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050 a livello globale”.

Più critica, Greenpeace ammonisce che “I piani della Commissione europea prevedono ancora un ruolo per il petrolio e il gas nei prossimi decenni […].. La Commissione incoraggia inoltre un ruolo significativo per l’energia nucleare, che rischia di sottrarre fondi a progetti che potrebbero mettere in funzione l’elettricità rinnovabile o ridurre gli sprechi energetici in modo rapido ed economico, mentre le centrali nucleari superano di miliardi il bilancio e con molti anni di ritardo. Le vecchie bozze dell’annuncio della Commissione e le recenti raccomandazioni del Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici includevano la necessità di ridurre le emissioni del settore agricolo e di porre fine ai sussidi per i combustibili fossili”.

In merito alla cattura e stoccaggio del carbonio, l’EEB (European Environmental Bureau) afferma in una nota: “La cattura e lo stoccaggio del carbonio viene erroneamente proposta come una soluzione per tutte le emissioni industriali, quando dovrebbe concentrarsi sulle emissioni di carbonio che non possono essere prevenute alla fonte attraverso altri mezzi più efficienti in termini di costi. Una dipendenza così massiccia dalla CCS non solo distoglie il denaro dei contribuenti dalle tecnologie disponibili per decarbonizzare l’industria europea nei tempi necessari, ma rischia anche di mantenere la nostra dipendenza dai combustibili fossili per i prossimi decenni”.

Riguardo al settore agroalimentare, il responsabile delle politiche per l'agricoltura e il clima dello stesso EEB Mathieu Mal ha dichiarato: “Il settore agroalimentare può e deve contribuire alle ambizioni climatiche dell’UE.  È quindi molto deludente vedere sfumata un’altra opportunità per fissare un obiettivo ambizioso per allineare il settore agli obiettivi climatici generali. Questa mancanza di ambizione non solo ostacolerà gli sforzi dell’UE per contrastare le emissioni e raggiungere la neutralità climatica, ma, non riuscendo a considerare soluzioni olistiche a lungo termine, non riesce nemmeno a contrastare altri tipi di impatti del settore agroalimentare. Ulteriori ritardi e concessioni a breve termine finiranno per danneggiare gli agricoltori e l’agricoltura dell’UE, oltre a minacciare la sicurezza alimentare a lungo termine.


Immagine di copertina: Markus WinklerUnsplash

N_crisi climatica

Potrebbero interessarti ...

  • Su di noi

    Nonsoloambiente è un magazine online interamente dedicato all’informazione ambientale, che vuole offrire un contributo alla diffusione della cultura sostenibile, donando ai suoi lettori una visione pluralista e aggiornata sulle principali novità del settore, attraverso contenuti freschi, originali e di qualità.