Economia circolare, tante parole ma pochi i fatti
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Economia circolare, tante parole ma pochi i fatti

Il dibattito e gli articoli sull’economia circolare sono triplicati, ma il suo utilizzo è sceso del 21% negli ultimi cinque anni. Cosa serve per rimediare.

L'economia circolare continua a guadagnare popolarità, ma a ciò spesso non corrisponde l’avvio di azioni concrete per svilupparla. Lo scrive il rapporto Circularity Gap Reports 2024, realizzato dalla Circle Economy Foundation in collaborazione con Deloitte. Il report ha fornito un'analisi della circolarità globale negli ultimi cinque anni. Il dibattito e gli articoli che affrontano l’argomento sono triplicati. All’opposto, l’utilizzo di questo modello di produzione è in calo. La quota di materiali secondari consumati e ri-immessi nel sistema è diminuita del 21 per cento

Serve un nuovo modello economico: come ottenerlo

Il consumo tradizionale delle risorse invece resta alto. Negli ultimi cinque anni il Mondo ha consumato oltre 500 gigatonnellate, cioè il 28 per cento di tutti i materiali consumati dall'umanità dal 1900. “Abbiamo bisogno di un nuovo modello economico - spiega il Circularity Gap Reports 2024 - per il XXI secolo: uno che massimizzi i benefici per le persone e minimizzi la pressione sui sistemi di supporto vitale del pianeta. Questo sarebbe economia circolare”.

L’affermazione dell’economia circolare a sistema di produzione globale - secondo il report - dipende da governi, attori finanziari, cittadini ma anche da almeno tre passaggi strategici da incentivare:

  1. L’introduzione di politiche e leggi capaci di potenziare le pratiche circolari e interrompere quelle tradizionali, in particolare quelle dannose.
  2. Interventi sulla politica fiscale che, attraverso l’economia circolare avviata da ogni stato, creerà prezzi reali. Allo stesso tempo permetterà il finanziamento delle soluzioni di economia circolare. Per realizzare i primi due punti sono indispensabili le competenze.
  3. Azioni concrete verso l’economia circolare si realizzeranno con la formazione di una classe dirigente consapevole e immettendo nel mercato lavoratori con expertise sui processi di economia circolare.

I settori su cui intervenire

Il Circularity Gap Reports indica anche tre settori su cui concentrare le azioni per costruire impatti significativi. Il primo è il settore agroalimentare, perché ha ancora un sistema di produzione poco sostenibile, tanto da essere la principale causa di perdita di biodiversità. Stando al rapporto, il 25% delle risorse di acqua dolce viene disperso a causa degli sprechi alimentari.

Il secondo è il settore dell'allevamento, che da solo occupa un quarto di tutta la terra disponibile, equivalente a due Americhe. Un elemento che dovrebbe far riflettere di fronte le ultime proteste europee degli agricoltori.

Il settore edilizio e l'ambiente contribuiscono al 40% delle emissioni di gas a effetto serra. L'estrazione di minerali per il 25% del cambiamento d'uso del suolo.


Puntare sulla tradizione: il potenziale dei Paesi in via di sviluppo

Il settore manifatturiero, che include il tessile e l'automotive, oltre alle emissioni di gas serra e ai consumi energetici e idrici, è causa della deforestazione e della produzione di rifiuti pericolosi. All’interno, i Paesi del mondo vengono divisi i tre categorie: “build country”, “shift country” e “grow country”.

Una chance particolare è in mano ai Paesi in via di sviluppo, con economie in rapida espansione, tanta popolazione e abbondanti risorse naturali. Hanno un potenziale notevole per guidare la transizione verso un'economia circolare.

Queste stesse economie tradizionalmente sono costrette a esportare materie prime o prodotti a basso valore, causando impatto negativo sull’ambiente e le dinamiche sociali. Tuttavia, i Paesi in via di sviluppo hanno un vantaggio, perché possono puntare sulla tradizione. Possono “sfruttare le pratiche circolari che sono presenti nelle loro comunità, così come le conoscenze radicate nei gruppi indigeni” scrive il Circularity Gap Reports.


L’importanza di tecnologia e know-how

È inderogabile la necessità di investire in nuove tecnologie e pratiche che consentano uno sviluppo sostenibile nei settori intensivi come alimenti, energia e costruzioni. Per far questo, spiega il rapporto, serve accesso a tecnologia e know-how, risorse finanziarie importanti e capitale umano. Il progresso verso l’economia circolare rappresenta “un onere debitorio difficile da sostenere da soli”. Tenendo presente questo - scrive il Circularity Gap Reports - l'Accordo di Parigi sottolinea la necessità di cooperazione globale, con i Paesi più ricchi che forniscono supporto ai Paesi in fase di sviluppo a basso reddito sotto forma di risorse finanziarie, trasferimento di tecnologia e sviluppo delle capacità. Questo è essenziale per aiutare i loro sforzi nel mitigare e, soprattutto, adattarsi ai cambiamenti climatici.


Immagine di copertina: Jack Gavigan, Google Creative Commons

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