Il 5% delle famiglie italiane possiede circa il 46% della ricchezza totale. Quali soluzioni? Intervista ai ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
All’inizio del 2024 Bankitalia ha reso pubblica un’analisi, basata su statistiche BCE, relativa alla distribuzione della ricchezza delle famiglie italiane. I numeri, aggiornati al termine del 2022, riportano che “il cinque per cento delle famiglie italiane più ricche possiede circa il 46 per cento della ricchezza netta totale, mentre al 50 per cento più povero resta meno dell’8 per cento”. Un’iniquità in disaccordo con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda 2030, che identificano nella lotta alla povertà e alle disuguaglianze un pilastro fondamentale della sua strategia.
Come contrastare dunque una situazione che, oltre a incidere sulla stabilità sociale del Paese, rende difficoltoso il raggiungimento di obiettivi essenziali per la lotta alla crisi climatica? Ne abbiamo discusso con Elisa Palagi e Demetrio Guzzardi, ricercatori presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, autori della recente analisi "Reconstructing Income Inequality in Italy: New Evidence and Tax System Implications from Distributional National Accounts Open new browser tab" (2023).
Vuoi scoprire di più sulle imprese e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile?
Scarica gratuitamente l'abstract del nostro eBook!
Clicca quiNel corso del vostro lavoro, avete rilevato le stesse disparità? Quali fattori ne hanno favorito l’incidenza?
Le disparità sulla distribuzione del patrimonio delle famiglie italiane, evidenziata nei giorni scorsi da Bankitalia, viene anche confermata nel nostro lavoro. Per ottenere stime precise sui redditi guadagnati dagli italiani, abbiamo ritenuto essenziale prendere in considerazione anche la distribuzione del patrimonio, da cui derivano guadagni legati a investimenti finanziari, attività imprenditoriali e affitti immobiliari.
Utilizzando dati sulla distribuzione del patrimonio provenienti da una ricerca congiunta tra ricercatori accademici e ricercatori del Ministero dell'Economia e delle Finanze, la nostra ricerca evidenzia una crescente concentrazione dei redditi nelle mani dei più ricchi. Troviamo che l’1% più ricco del Paese detiene circa il 12% del reddito nazionale, cioè una media di 310 mila euro all’anno, ottenuti soprattutto da redditi finanziari, profitti societari e redditi da lavoro autonomo, in gran parte derivante dal ruolo di amministratori societari. Al contrario, il 50% più povero degli italiani adulti detiene meno del 17% del reddito nazionale vivendo con meno di 13 mila euro all'anno. In particolare, i 50 mila italiani che compongono lo 0.1% più ricco del Paese registrano guadagni medi superiori al milione di euro annuo, cifra che potrebbe essere raggiunta dal 50% più povero soltanto risparmiando l’intero reddito per 76 anni.
Questi dati mettono in luce un divario significativo tra i livelli di reddito delle fasce più ricche e più povere della popolazione, delineando una situazione di disuguaglianza economica che richiede un'attenzione critica e interventi mirati.
È possibile contrastare tale tendenza? Come e con quali tempistiche, almeno in teoria?
Contrastare efficacemente questo trend è senz'altro possibile, poiché lo Stato ha sempre la capacità di cambiare rotta, se lo desidera. In linea generale, è possibile adottare politiche pre-distributive che agiscano preventivamente, ad esempio sul mercato del lavoro, al fine di aumentare il potere contrattuale di coloro che hanno redditi più modesti. Un esempio concreto è il dibattito in corso riguardante l'implementazione di un salario minimo, che potrebbe incrementare il reddito delle persone più svantaggiate. Un altro aspetto cruciale, affrontato nel nostro lavoro, riguarda l'intervento nel sistema fiscale. La nostra analisi evidenzia che, dopo aver considerato tutte le imposte e le tasse dirette e indirette, il nostro sistema fiscale è solo marginalmente progressivo e addirittura regressivo per il 5% degli italiani più ricchi. Ciò significa che, in proporzione al loro reddito, coloro che hanno i guadagni più elevati, contribuiscono con una percentuale inferiore rispetto al resto dei cittadini, grazie ai vantaggi fiscali associati ai loro redditi e alla loro capacità di risparmio più elevata. Sarebbe quindi opportuno riconsiderare l'intero sistema fiscale. Non è sufficiente limitarsi a discutere dell'IRPEF, che a causa di riforme con riduzione degli scaglioni e numerose esenzioni per alcune tipologie di reddito è diventata sempre meno progressiva. È necessario rivedere l'intero panorama delle imposte e delle tasse per garantire una visione completa. Tali interventi potrebbero avere un impatto praticamente immediato sulla vita dei cittadini. Contrariamente a quanto si possa pensare, non è richiesto un periodo prolungato, di 10 anni o più, per invertire la tendenza. Le giuste riforme possono essere adottate in breve tempo, con effetti tangibili nel breve termine. Quello che purtroppo manca è la volontà politica necessaria a implementare tali cambiamenti.
Cosa servirebbe per mettere in pratica la strategia?
Per mettere in pratica questa strategia, è essenziale condurre una discussione politica seria, libera da tabù. I dati ottenuti da ricercatori, ormai inequivocabili, sono stati confermati anche dal rapporto di Bankitalia: ci troviamo di fronte a un aumento delle disuguaglianze, con redditi e patrimoni sempre più concentrati nelle mani di pochi privilegiati. Il nostro lavoro evidenzia chiaramente che anche il sistema fiscale attuale favorisce in larga parte i più ricchi.
È imperativo che la politica rinunci alle semplificazioni populiste, come quelle legate alla flat-tax, e, piuttosto, guardi alle ricerche scientifiche disponibili in Italia. Un approccio basato su solide evidenze scientifiche contribuirebbe significativamente a delineare riforme concrete e mirate, necessarie per affrontare la crescente disparità economica nel nostro Paese.
Come la risoluzione di tale disparità potrebbe influire sulla lotta alla crisi climatica?
La questione della lotta alla crisi climatica è di estrema rilevanza e si intreccia strettamente con le disuguaglianze economiche. Affrontare le disuguaglianze economiche tra i più ricchi, principali inquinatori, e il resto della popolazione non solo contribuirebbe a mitigare le emissioni nocive, ma garantirebbe anche una distribuzione più equa del peso fiscale.
In uno studio recente, condotto insieme ai ricercatori Andrea Roventini e Tommaso Faccio e pubblicato nell'European Public Investment Outlook 2023, proponiamo soluzioni concrete per implementare una tassazione più giusta. La considerazione di strumenti mirati sul top 1% come un'imposta sui patrimoni elevati, un'imposta sulle plusvalenze e un'imposta aggiuntiva sulle grandi aziende, offre un approccio mirato ed equo. Queste misure non solo garantirebbero una maggiore partecipazione finanziaria da parte dei cittadini più ricchi, ma genererebbero le risorse necessarie per sostenere investimenti cruciali nella transizione ecologica. Incorporare queste proposte nelle politiche europee rappresenterebbe un passo significativo verso un futuro sostenibile, affrontando sia la crisi climatica che le disuguaglianze socioeconomiche in modo sinergico e responsabile.
Immagine di copertina: Christian Dubovan, Unsplash
Tags:
In vigore il decreto CER
29 Gennaio 2024Potrebbero interessarti ...
Sogin pubblica il primo piano di sostenibilità del Gruppo
30 Ottobre 2024L’Europa al bivio: quali scenari in vista delle elezioni?
22 Maggio 2024One Health: l’approccio su cui investire
26 Aprile 2024UE, i passi indietro su PAC e ripristino della natura
12 Aprile 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
Sei un sostenitore dell'ambiente in tutte le sue forme? Allora sei nel posto giusto!
Iscriviti subito!