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Affrontare le crisi ricostruendo la fiducia tra comunicatori e pubblico. Come? Intervista a Mariagrazia Villa, docente di deontologia ed etica dei media.
Disinformazione e misinformazione sono, prima di ogni altra catastrofe, i rischi cui il mondo è messo di fronte secondo il report Global Risks 2024 del World Economic Forum nei prossimi due anni. Un ruolo primario che - sempre secondo l’analisi - continueranno a rivestire nel decennio a venire, precedute solo da eventi strettamente legati alla crisi climatica. Di qui, non stupisce la scelta del WEF di incentrare il suo evento annuale - dal 15 al 19 gennaio a Davos, Svizzera - sul tema “Rebuilding Trust”, Ricostruire la Fiducia.
I lavori sono stati suddivisi in quattro temi chiave, identificati per analizzare a fondo le criticità offerte dal contesto, e delineare una possibile roadmap per il futuro:
- Raggiungere
la sicurezza e la cooperazione in un mondo fratturato;
- Creare
crescita e occupazione per una nuova era;
- L’intelligenza
artificiale come motore dell’economia e della società;
- Una strategia a lungo termine per il clima, la natura e l’energia.
“Ci troviamo di fronte a un mondo fratturato e a crescenti divari sociali, che portano a un’incertezza e un pessimismo pervasivi. Dobbiamo ricostruire la fiducia nel nostro futuro andando oltre la gestione della crisi”, ha dichiarato Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del WEF.
Una fiducia che, in materia ambientale, è essenziale e propedeutica all’azione. Una fiducia che non può esistere in assenza di credibilità in ambito comunicativo.
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Clicca quiA questo proposito, Nonsoloambiente ha intervistato Mariagrazia Villa, Docente di etica dei media e deontologia della comunicazione presso lo IUSVE (Istituto Universitario salesiano di Venezia e Verona), di giornalismo presso l’Università di Parma e membro del Constructive Network.
Cosa ha portato, secondo la sua opinione, a tale clima di sfiducia generale? Cosa è chiamata a fare la comunicazione/l’informazione in questo periodo storico per ricoprire efficacemente il proprio ruolo di utilità pubblica?
L’attuale clima di sfiducia dipende da molti fattori: dalla vera e propria disinformazione, con la condivisione intenzionale di informazioni errate o fuorvianti per influenzare l’opinione pubblica, alla misinformazione non intenzionale da parte dei cittadini, fino alla malinformazione, che è la più subdola perché consiste nel diffondere notizie vere con intento malevolo, per ferire persone, organizzazioni o Paesi, o nel fare reframing della realtà, dando notizie parzialmente vere perché distorte o faziose. Chi comunica e informa dovrebbe proprio ricordare di svolgere un servizio pubblico e, di conseguenza, recuperare la virtù morale dell’affidabilità, dell’essere credibili agli occhi del pubblico, dell’essere degni di una buona reputazione.
In che senso e modo ricostruire la fiducia può fare la differenza nell’attivare o accelerare le dinamiche necessarie al cambiamento?
Ricostruire la fiducia tra chi comunica o informa e il pubblico è fondamentale per favorire il cambiamento dei cittadini e spingerli verso la costruzione di un mondo migliore. Nuove prospettive sul giornalismo, come quella costruttiva e orientata alle soluzioni portata avanti in Italia dal Constructive Network, possono aiutare. Secondo questo approccio, infatti, si parte dalla narrazione del problema, s’include il necessario contesto, poi s’indagano con rigore giornalistico le soluzioni che sono state proposte dalle comunità, mettendone a fuoco sia risorse che limiti, e si restituiscono degli esempi virtuosi al pubblico affinché le persone possano aumentare il loro senso di agentività e trasformare in meglio la propria vita.
La diffusione dei sistemi d’intelligenza artificiale di tipo generativo sta senz’altro rendendo più complicato distinguere le notizie affidabili da quelle inattendibili ma, ancora una volta, il problema siamo noi, non le tecnologie. Credo che le uniche contromisure siano morali: ciascun comunicatore dovrebbe, con senso di responsabilità, impegnarsi a utilizzare l’IA in modo da non ingannare o manipolare il pubblico. Dovrebbe sforzarsi di onorare la verità, secondo l’indicazione di Jürgen Habermas: dire ciò che è e dire ciò che ritiene vero. Si tratterebbe sempre di una verità putativa, naturalmente, e mai assoluta, ma sarebbe ciò a cui il comunicatore arriverebbe dopo ricerche, confronti e verifiche.
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