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Quanto sono costati i disastri climatici ai singoli cittadini nel 2023? I numeri nel report di Christian Aid, con una lista di raccomandazioni per il 2024.
Non adattarsi agli eventi climatici estremi costa e alimenta l’iniquità. Nel suo report Counting the Cost 2023: A year of Climate breakdown, pubblicato il 27 dicembre scorso, la ong britannica Christian Aid ha analizzato i 20 disastri climatici estremi più costosi del 2023 in base al costo pro-capite, evidenziando l’impatto che essi hanno sui cittadini dei differenti Paesi.
La classifica di Christian Aid
Il report di Christian Aid realizza un’analisi comparativa dei 20 disastri naturali peggiori del 2023, quantificandone i costi per persona. Secondo l’ong, il calcolo pro-capite è più efficace nel misurare gli impatti rispetto al solo dato economico aggregato, rendendo evidente in quali condizioni è più o meno semplice assorbire i costi.
In cima alla top 20 si trovano gli incendi che hanno sconvolto le Hawaii nell’agosto 2023, con un costo di oltre 4.000 dollari a persona, seguiti dai 1.455 dollari della tempesta su Guam (maggio) e i dai 947 dollari della tempesta che ha colpito Vanuatu (marzo). Questi ultimi due sono anche gli eventi estremi con più incidenza sul pil del Paese: i costi dei disastri climatici del 2023 rappresentano, ad esempio, circa un quarto del reddito annuale di ogni vanuatese.
Nella classifica è presente anche l’Italia, che si posiziona al sesto posto con i 164 dollari pro capite dell’alluvione di maggio in Emilia-Romagna.
Chiudono la top 20 i 9 dollari a persona delle inondazioni in Perù di aprile.
Una lotteria globale a scapito dei poveri
L’impatto sulle singole famiglie tende a essere meno onerosa nei Paesi più ricchi, che possono contare su maggiori risorse e mezzi per la prevenzione e la ricostruzione. Incide anche il numero di abitanti, fra i quali ripartire i costi. “Alcuni Paesi – attraverso una combinazione di dimensioni, geografia, livello di reddito e altri fattori – sono più inclini a subire disastri economicamente costosi”, spiega il rapporto.
In particolare, “quando si parla di crisi climatica, c’è una lotteria globale dei codici postali che va a scapito dei poveri”, commenta Patrick Watt di Christian Aid. “Nei Paesi più poveri, le persone sono spesso meno preparate ai disastri legati al clima e hanno meno risorse con cui riprendersi. Il risultato è che muoiono più persone e la ripresa è più lenta e più diseguale. C’è una doppia ingiustizia nel fatto che le comunità più colpite dal riscaldamento globale abbiano contribuito poco al problema”.
Christian Aid: raccomandazioni per il futuro
“I Governi devono urgentemente intraprendere ulteriori azioni a livello nazionale e internazionale, per ridurre le emissioni e adattarsi agli effetti del cambiamento climatico” ha dichiarato Watt, commentando il documento. “E laddove gli impatti vanno oltre ciò a cui le persone possono adattarsi, il fondo per le perdite e i danni deve essere finanziato per risarcire i Paesi più poveri per gli effetti di una crisi che non è stata provocata da loro”.
Nel suo rapporto, la ong invita inoltre i leader mondiali a:
- rendere le comunità più resilienti, ad esempio investendo nell’agroecologia, che contribuisce a prevenire le emissioni;
- aumentare gli investimenti in allarme rapido e azione preventiva;
- aumentare le risorse per monitorare e misurare gli impatti dei disastri e condividere informazioni a livello transfrontaliero, allo scopo di favorire azioni e risposte tempestive e strategie efficaci;
- investire in una protezione sociale efficace, che si attivino quando le case e i mezzi di sussistenza sono stati danneggiati.
Immagine di copertina: Kelly Sikkema, Unsplash
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