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Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale per la lotta contro la violenza sulle donne. In questo contesto, come direttore di testata e redazione, vogliamo far sentire la nostra voce nel rispetto del dolore di chi ha subito e/o continua a subire e di chi - dall’altra parte - forse non ha un quadro chiaro di come sia il contesto e di quanto esperienze di donne di estrazione e background diversi, adeguatamente divulgate, possa supportare la creazione di una consapevolezza, specie nelle generazioni più giovani.
Non vogliamo rifarci a fatti di attualità ma cercare di guardare al problema nella sua complessità, con L’obiettivo di essere di supporto e dare voce a chi può esprimere messaggi positivi in merito.
Ringrazio pertanto tutte le donne che hanno accettato il mio
invito ad aderire a questo speciale, nello specifico:
Annabella Campiotti Medico; Marianna Chillau Imprenditrice e Presidente 4eCom; Margherita Di Vilio Amministratore
Unico Open Factory Edizioni; Stefania Fazzi Presidente e General Manager Endes; Elena Lucchini Assessore alla Famiglia, Solidarietà Sociale, Disabilità e Pari opportunità della Regione Lombardia; Maria Medori Manager Communication e Diversity, Equity & Inclusion; Martina Rogato Founder ESG Boutique; Carola Salvato CEO Havas Health &
You Italia e Presidente GWPR; Viviana Solari Relazioni Istituzionali; Zanette
Simona CEO Hearst Digital SA.
A tutte loro il mio più sincero ringraziamento per averci messo la faccia insieme a noi!
La
Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne nasce
da un costante prendere atto di come la donna venga considerata oggetto di
potere, debole per puro genere d’appartenenza, sottomessa per cultura non
evoluta. Credo fermamente che per poter dare reale contenuto ad un’iniziativa
come questa l’azione più efficiente sia quella di dare voce e spazio a donne
che – in misure diverse – hanno acquistato uno spazio, comunicano una sera
autostima, sono forti nel loro essere prima e dopo i rispettivi biglietti da
visita e incarichi annessi.
A titolo personale e come
professionista, qual è il suo suggerimento al mondo femminile affinché si possa
costruire una cultura basata sul reciproco rispetto dei ruoli e
sull’affermazione dell’essere donna al pari degli altri generi d’appartenenza?
Marianna Chillau: Sono convinta che le sfide nel settore digitale richiedano un approccio di collaborazione tra generi. La chiave sta nell'ispirare sia uomini che donne, per vincere insieme. Essendo il digitale un campo dominato dagli uomini, ritengo cruciale incentivare l'educazione e la formazione delle donne nel settore della tecnologia. Questo non solo le rende più competitive, ma aiuta a demolire i pregiudizi che le ritraggono come meno abili. Un esempio in questo senso è la mentorship, come quella offerta da figure di spicco, io personalmente ho avuto la fortuna di essere affiancata da grandi professioniste, come Paola Bonomo, la sua competenza mi ha stimolato in senso positivo nel mio percorso, e la sua esperienza dimostra come le donne possano eccellere in settori a prevalenza maschile. Creare reti di sostegno e apprendimento reciproco è fondamentale per il progresso femminile. Inoltre, è vitale adottare politiche di uguaglianza di genere nelle organizzazioni, garantendo pari opportunità, retribuzioni eque e un ambiente di lavoro rispettoso. Infine, promuovere il dialogo e la collaborazione tra generi è essenziale per costruire una cultura inclusiva e basata sul rispetto reciproco.
Essere solidali, davvero, tra
donne. Solo questo può consentire di superare insieme gli ostacoli sessisti che
ci impediscono di essere riconosciute e valorizzate.
Stefania Fazzi: Penso che sia fondamentale credere in se stesse ed investire in formazione ed esperienze lavorative di valore fin da giovani, dimostrandosi sicure e decise nelle relazioni. Far emergere competenze e professionalità, così come contestualmente valorizzare l’importanza dell’autonomia, anche economica e delle doti di attenzione e cura tipicamente femminili. L’essere donna è eventualmente un plus, fermo restando che l’impegno nel lavoro deve essere a parer mio significativo e rilevante tanto quanto che per un uomo pur consapevole delle maggiori difficoltà che noi abbiamo dovendo conciliare famiglia e lavoro. Però da qui per me si deve passare, chiedendo maggior supporto alle istituzioni, ma essendo libere di lavorare.
Regione
Lombardia promuove il valore di una ogni rete territoriale al servizio di tutte
le donne, una rete di ascolto e sostegno, perché “NON SEI DA SOLA” significa
aiutare le donne per aiutare l’intera comunità.
E
significa proprio allearsi e mettere in comune competenze politiche, umane e
professionali, perché ogni giorno vale come il 25 novembre.
In
questa logica, per Regione Lombardia, la prevenzione e il contrasto alla
violenza contro le donne è un obiettivo strategico anche di questa nuova
legislatura inserito nel Pilastro 2 “Lombardia al servizio dei cittadini”
Maria Medori: Il primo passo è quello di non ritenersi immuni ai bias di genere, a tutti quei piccoli pregiudizi che nel quotidiano potrebbero (inconsapevolmente) influenzare le nostre azioni e le nostre decisioni. Ritengo che, alla base di una reale e concreta parità di genere (e questo a prescindere dal genere nel quale ci si identifichi) vi sia lo spirito e il coraggio di mettersi in gioco, di sradicare frammento dopo frammento eventuali residui di un retaggio culturale che ormai non ci appartiene più.
Martina Rogato: Il mio
suggerimento non vuole essere soltanto riferito alle donne o chi si identifica
nel genere femminile, ma vorrebbe essere rivolto veramente a tutti e tutte.
Dobbiamo lavorare ogni giorno in maniera consapevole per scardinare la violenza
contro le donne, ma anche per incoraggiare una cultura del consenso e del
rispetto. Il messaggio non può essere rivolto alle donne, perché parliamo di
violenza maschile contro di loro. Quindi inevitabilmente gli attori in gioco
sono differenti, altrimenti continuiamo a parlare tra noi senza arrivare ad una
soluzione.
Di fatti ritengo che ci debba
essere uno sforzo nell’educare le persene che ci stanno intorno. Le persone
consapevoli del patriarcato e che hanno iniziato quindi a decostruire una
società patriarcale hanno la responsabilità, donne e uomini, di agire ogni
giorno per educare gli altri.
Se hai un amico particolarmente
possessiva, l’importane è trovare una maniera per dirglielo o per suggerirgli
di fare un percorso formale e informale fino alla psicoterapia. Abbiamo il
dovere morale di non stare mai zitti. Fa parte della base della piramide delle
violenze, magari non lo riconosciamo subito, ma il commento sessista dei luoghi
di lavoro non deve avvenire. Incoraggio gli uomini a dissociarsene perché sono
alla base dell’oggettificazione che può poi avere un’escalation violenta.
Non chiediamo alle donne di
proteggersi.
Carola Salvato: Il mio punto di vista, frutto della personale esperienza di vita, parte da un'analisi più profonda del contesto culturale dal quale la violenza di genere prende forma e si alimenta. In quanto connessa alla dinamica sociale, questa problematica è di rilievo e di impatto per tutti noi, a prescindere dal genere. Certamente la nostra società nutre una di-visione tra maschi e femmine che vede obiettivamente gli uomini detenere una forma di potere decisionale sulla vita delle donne. Vorrei però sottolineare la complessità delle relazioni umane. Ne siamo realmente consapevoli? In una società dove gli individui vivono dei momenti di fragilità e sbandamento, offuscamento e dolore, abbiamo bisogno di ritrovare quei valori e principi guida positivi che ci ispirano. Sono necessari degli spazi di ascolto dove attori e attrici hanno infinite possibilità di realizzarsi, di sentirsi adeguati e trovare il loro posto nel mondo. Perché la cultura del rispetto si costruisce ben oltre le colpevolizzazioni: dobbiamo ricercare e trovare un punto di forte intesa e coesione affinché la mascolinità coesista con la femminilità, in un impegno comune che possa stimolare le future generazioni in maniera propositiva e collaborativa. No alle generalizzazioni e agli “assoluti” perché il nostro punto di osservazione è personale, è frutto di un’esperienza famigliare, genitoriale, relazionale e incide sulla visione d’insieme. Sì alle mediazioni che fanno luce sui valori fondanti, sì all’espressione e al rispetto della nostra “unicità”, non “diversità”.
Annabella Campiotti: È una questione che riguarda solo il maschile, peraltro le scienze più contemporanee come l’ambiente, l’ecologia, il futuro è soprattutto femminile. Se le donne avessero il potere probabilmente non avremo due guerre come quelle di adesso.
Marianna Chillau: In un
mondo ideale, per supportare le donne nel crearsi una posizione forte, è
essenziale che società e imprese collaborino per rimuovere le barriere.
Innanzitutto, è fondamentale offrire supporto psicologico e risorse per
lo sviluppo dell'autostima e della consapevolezza di sé. Ciò include programmi
di coaching e workshop che incoraggiano l'affermazione personale.
Le politiche di pari opportunità sono
cruciali, non solo per creare un ambiente di lavoro equo, ma anche come modello
per la società. Inoltre, dovrebbero essere promosse flessibilità e opzioni di
work-life balance, come il lavoro flessibile e il supporto per la cura dei
figli, per aiutare le donne a gestire meglio responsabilità professionali e
personali.
È anche importante sviluppare
programmi di leadership femminile, fornendo formazione e opportunità di
networking per aiutare le donne a raggiungere posizioni di comando.
Parallelamente, la sensibilizzazione e l'educazione sui temi di genere sono
necessarie per cambiare le percezioni sociali e promuovere la parità.
Assicurare una rappresentanza equa
delle donne in tutti i livelli organizzativi e professionali è un altro passo
cruciale. Infine, le imprese dovrebbero implementare sistemi di feedback e
ascolto attivo, permettendo alle donne di condividere le loro esperienze e
influenzare le politiche aziendali.
Questi meccanismi integrati nella
struttura sociale e aziendale garantirebbero alle donne le risorse e il
supporto necessari per affermarsi in ogni contesto, promuovendo una cultura di
rispetto e uguaglianza.
Margherita Di Vilio: Il mondo del lavoro ci consente di essere indipendenti, di essere riconosciute e valorizzate come soggetti produttivi. Ma non “gratis”: il dazio da pagare è la paura di essere sbagliate, inadeguate, mai abbastanza. Dobbiamo assolvere i nostri doveri, rispettare tutte le regole, ma allo stesso tempo cercare di essere carine, dimesse, innocue. Mai sopra le righe, mai ambiziose. Questo ci porta ad essere perennemente all’inseguimento della perfezione, mentre ci sentiamo costantemente in colpa per quello che siamo riuscite a fare. L’idea che possiamo fare tutto ha un peso diverso, se si comprende che in realtà significa che dobbiamo fare tutto. In un mondo ideale, a livello sia di società che di impresa, il ruolo di accudimento, così come quello dell’educazione dei figli, ad esempio, non sarebbero considerati compito esclusivo delle donne: i carichi sarebbero ugualmente suddivisi sulle diverse spalle che li sopportano. Sarebbero condivisi con gli uomini, anch’essi figli e/o padri, e con la società, perché anch’essa ha un ruolo e delle responsabilità. In un mondo ideale, all’interno delle imprese, non esisterebbero differenze salariali basate sul genere, semplicemente perché non hanno senso di esistere: le differenze di genere non sarebbero differenze di potere.
Stefania Fazzi: Lavorare su decisione, autostima e consapevolezza senza chiedere troppi “sconti” quando i figli sono piccoli. Con una buona capacità organizzativa e spirito d sacrificio, se si vuole si può lavorare bene seppur con intensità diversa a seconda dei cicli della vita personale. Continuare ad investire in aggiornamento, non smettendo mai di essere curiose e non mettendosi limiti. Confrontandosi e sostenendosi tra donne e affrontando i colleghi uomini con padronanza. Una squadra di donne che sa lavora bene non teme nessuno, uomini in primis. Non deve essere una questione di genere ma di competenza e capacità relazionali.
Elena Lucchini: La violenza contro le donne - vera e propria violazione dei diritti umani come definito dalla Convenzione di Istanbul del 2011 - richiede l’attivazione di soggetti con competenze multidisciplinari per migliorare la capacità di riconoscere il fenomeno in tutte le sue forme, promuovere la parità superando gli stereotipi culturali, costruire un sistema di competenze utili alla sua prevenzione e contrasto.
Maria Medori: Sia a livello di impresa che, in versione macro, a livello di società è essenziale creare un’infrastruttura di tutele, iniziative e progetti che vadano ad agire sulle fasce più sensibili di popolazione e, nel caso specifico, sul genere femminile. Un sistema così articolato e con una missione così complessa a livello sociale esige non solo una fase di implementazione efficiente ma anche un mantenimento meticoloso e un’integrazione regolare, coerente con l’evoluzione delle necessità di tutte le persone che compongono un’organizzazione/un Paese. Solo in questo modo, si può sperare di creare le migliori condizioni per consentire a ogni donna, ogni professionista di sviluppare appieno le proprie capacità e affermare la propria posizione.
Martina Rogato: Noi abbiamo
in talune aziende le cosiddette quote di genere, una forzatura temporanea per
cercare di colmare il divario. Non sono però sufficienti, non sono la soluzione
a tutto perché bisogna anche lavorare sulla cultura aziendale. A prescindere
dall’azienda, ritengo sia fondamentale che il datore o la datrice di lavoro
investano in training per le risorse – soprattutto per le donne, per sviluppare
le cosiddette soft skills. Ma anche confidenza di sé, capacità di negoziare.
Al di là di corsi e percorsi che
si possono fare sulle donne, è anche fondamentale creare un clima che permetta
il dialogo e la decostruzione sugli stereotipi di genere. Creare occasione di
confronto formale e informale tra uomini, donne o qualsiasi cosa ci si senta.
La cultura aziendale deve essere basata sul confronto a 360 gradi, perché
permette di guardare la diversità di un’altra persona e di amalgamarsi a questi
aspetti di diversità.
Da un punto di vista tecnico
bisogna mettere a terra dei meccanismi di reclamo, un esempio è il whistleblowing.
È un meccanismo di segnalazione, grazie al quale si possono comunicare delle
situazioni, dalla mancanza di formazione alla violenza psicologica. Sono dei
punti di contatto e di ascolto veramente strategici per le aziende. Soprattutto
quelle che millantano di fare sostenibilità e diversity dovrebbero averli.
La cultura è fondamentale. Sono
co-fondatrice di Young women network, che è stata creata undici anni fa ed è
l’unica organizzazione che fa percorsi di soft skills sulle giovani donne.
L’idea è che non possiamo aspettare che una donna arrivi a cinquant’anni prima
di capire che ha bisogno di lavorare sulle soft skills. Prima si inizia a
sviluppare questi percorsi di consapevolezza, meglio è.
Carola Salvato: Per supportare le donne, in ogni fase della loro vita, dovremmo ripartire da processi di consapevolezza, dal dialogo, da una sensibilizzazione all’uso delle parole. In questo senso, esorto ad un nuovo wording che possa sollevarci dal peso delle parole “negative” che ormai prendono il 2 sopravvento nel nostro quotidiano. Stiamo assistendo a una crisi degli ideali e delle prospettive future, è il tempo dell’incertezza e dell’instabilità economica, sociale, politica, della paura complessiva. È proprio in un simile contesto planetario che il lato peggiore di noi trova terreno fertile per esprimersi in fenomeni orribili e ingiustificabili perché mancano le fondamenta, quei principi di cui parlavo poco fa. Predominano sentimenti di rabbia, frustrazione, aggressività e il senso di invidia. In questo ecosistema fragile e complesso al tempo stesso, la presenza di Ambassador e facilitatori, l’alleanza, l’etica, la prossimità e l’unione, diventano dei must.
A
livello di società credo che si dovrebbe investire di più in programmi
educativi che promuovano maggiore sensibilità sul tema specifico promuovendo
questa forma di inclusione sociale sin dai primi anni di formazione scolastica.
Inoltre, si dovrebbe trovare il modo di sostenere con differenti approcci la
partecipazione delle donne nei processi decisionali.
A
livello aziendale dobbiamo far capire che è importante garantire l’equilibrio
vita-lavoro con le giuste politiche permettendo a noi donne di gestire più
serenamente le responsabilità familiari senza compromettere la carriera
lavorativa. Inoltre, credo che sia fondamentale continuare a fare degli sforzi
per garantire le condizioni di accesso paritario al lavoro e le medesime
opportunità di formazione e di avanzamento tra i diversi generi.
Simona Zanette: Chiedere aiuto quando si è in difficoltà. Fuggire i bias mentali che la società ci propone. Credere in se stesse. Gruppi di ascolto, strutture dedicate alla guida alla crescita e alla formazione. Educazione e cultura. Questi a mio parere gli elementi fondamentali. Sarà un percorso facile? No ancora oggi nel 2023 non lo è. Ma dobbiamo farlo tutte insieme, unite, è necessario. Non vuol dire assolutamente prevaricare il genere maschile anzi sarebbe sbagliato. Non è una guerra contro l’altro, è un’affermazione del sé.
Annabella Campiotti: La prima pietra è l’educazione e la cultura. Se non insegniamo ai bambini la parità e il rispetto, ma soprattutto l’uguaglianza tra i sessi. Comunque, per quanto sia vero che ci sono 105 omicidi, non è sicuramente una situazione solamente italiana. Non dimentichiamo che probabilmente tra le prime 100 persone più potenti e influenti al mondo il 90% sono uomini. È chiaro che con queste percentuali il lavoro da fare è tanto.
Marianna Chillau: Prima di
tutto, i governi hanno la responsabilità primaria di promulgare leggi più
severe contro la violenza di genere e di assicurare che queste siano
rigorosamente applicate. Questo include non solo pene severe per i reati, ma
anche la creazione di un sistema legale più sensibile e reattivo alle esigenze
delle vittime di violenza.
Le istituzioni educative hanno il
compito di implementare programmi di educazione e sensibilizzazione che inizino
fin dall'infanzia. Questi programmi dovrebbero concentrarsi sulla parità di
genere, sul rispetto reciproco e sulla prevenzione della violenza. Educare le
giovani generazioni è fondamentale per cambiare le mentalità e costruire una
società più rispettosa e sicura.
Infine, i media hanno un ruolo
cruciale nel plasmare l'opinione pubblica. Devono impegnarsi a rappresentare le
questioni di genere in modo responsabile, evitando la normalizzazione della
violenza e contribuendo invece a creare una cultura del rispetto e dell'uguaglianza.
La "prima pietra" in questo
processo è il riconoscimento collettivo del problema e l'impegno congiunto di
tutti gli attori sociali per costruire un futuro migliore. Questo richiede un
cambiamento culturale, legale e educativo profondo, con azioni concrete e
coordinate a tutti i livelli della società. Solo così si può sperare di
costruire un mondo più sicuro e equo per tutti.
Margherita Di Vilio: Governi,
enti e istituzioni di riferimento ci dimostrano purtroppo quotidianamente di
adottare lo sguardo maschile, lo sguardo egemone, per rappresentare la
descrizione della realtà, mostrandoci attraverso questa lente ciò che è
considerato come “normale” e ciò che non lo è. Continuano a contribuire
attivamente alla sua adozione da parte di tutti. Infatti, è anche il modo con
cui le donne guardano sé stesse e guardano le altre donne.
Ecco allora che in questo
contesto il Ministero della Pubblica Istruzione manda una circolare per
invitare le scuole ad un minuto di silenzio per commemorare il femminicidio di
Cecchettin, quando sappiamo che non è il silenzio lo strumento che dovrebbe venire
utilizzato, soprattutto da parte di chi detiene un importante ruolo educativo.
Un account social della Polizia di Stato posta una frase di circostanza,
relativamente allo stesso caso di femminicidio, e viene sommersa da commenti di
donne che proprio alla polizia hanno denunciato violenze o molestie e sono
state derise, sminuite, non ascoltate. La Presidente del consiglio ci illumina
con la metafora della pietra e dell’acqua, a mo’ di perifrasi della nota
massima del Marchese del Grillo, invece di cogliere un’occasione per criticare
quello che è stato un chiaro un esempio del diffuso atteggiamento maschile
discriminatorio, offensivo, umiliante e non rispettoso nei confronti delle
donne. Occasione mancata per mostrare, dall’alto del suo ruolo di potere, di
essere solidale con le altre donne. Di avere la volontà di cambiare qualcosa.
Peccato.
Il compito di posare la prima
pietra credo che spetti a noi, tutti, tanti, più siamo meglio è: parlandone,
riflettendo, ascoltando, cercando di vedere la realtà oltre gli schemi che ci
sono imposti. Mettendo sempre al primo piano il rispetto, per sé e per il
prossimo.
Stefania Fazzi: Penso sia necessario educare e sensibilizzare le coscienze al valore in primis del rispetto per l’altro. Non posso pensare ad un mondo in cui essere donne significa spesso avere paura. Tutti noi, la famiglia in primis, dobbiamo investire in educazione e poi dialogo, sostenuti dalla scuola e dalle istituzioni. Educare tutti insieme con massimo impegno, per me resta la chiave.
Elena Lucchini: La regione Lombardia si è dotata di
una normativa attenta, abbiamo stanziato risorse, quasi 10 milioni, alle 27
reti interistituzionali e promosso campagne comunicative, sottoscritto un
Protocollo con l’Ordine degli Avvocati per garantire il gratuito patrocinio e a
livello operativo abbiamo sviluppato una rete dei centri antiviolenza per la
presa in carico delle vittime e dei loro figli.
Dallo
scorso luglio abbiamo avviato anche la sperimentazione volta all’individuazione
di alloggi ALER per le donne vittime di violenza.
Tutto
ciò deve però essere accompagnato dalla promozione di un paradigma di valori
che sanzioni ogni violenza contro le donne in tutte le sue manifestazioni, con
azioni a carattere preventivo, di contrasto, sostegno e tutela delle donne
vittime anche con una strategia di attenzione e di sensibilizzazione che
favorisca il diffondersi presso le istituzioni di una cultura a sostegno dei
diritti della persona e del rispetto della donna.
Maria Medori: Tutti noi
abbiamo la responsabilità di posizionare questa prima pietra, che si
concretizza nelle modalità più disparate. Che sia segnalare una situazione di
disagio, dare supporto ad una collega in difficoltà, reclamare nuove tutele o
che sia liberare amiche/madri/figlie da stereotipi opprimenti…
Ogni azione ha valore.
Martina Rogato:
Tutti si devono attivare. Ovviamente il tema del cambiamento
culturale è lento, per cui il Governo dovrebbe dare un’accelerazione. Dovrebbe
lavorare a monte e a valle, sia in fase preventiva che in fase di supporto.
In fase
preventiva bisogna partire assolutamente dalle scuole. Con l’educazione
sessuo-affettiva, che includa temi quali il consenso. Non possiamo fare dei
corsi del tipo We are the world, We are the people, bisogna insegnare ai
ragazzi e alle ragazze fin da piccoli il consenso. Il No è No.
Se partiamo
dalle scuole ovviamente non arriviamo alla soluzione, quante generazioni ci
vorranno per cambiare la cultura? Mi aspetto quindi un grande impegno anche a
riformare i media, che molto spesso contribuiscono a generare una cultura
patriarcale. Mi aspetto un gender ad obbligatorio che faccia il check delle
notizie, perché evidentemente il Manifesto di Venezia non è sufficiente.
Nel breve
quindi un intervento dello Stato su scuola e media e poi più supporto ai centri
antiviolenza.
Carola Salvato: Tutto è connesso. Dalla politica al mondo del lavoro, la tematica riguarda tutti i luoghi della società, pertanto, in un momento storico di grande sfiducia, è necessaria un’azione collettiva, un intento comune, una voce unica. Ognuno di noi, nel proprio piccolo e nel rispetto del proprio sentire, può compiere azioni straordinarie per un mondo più equo: è la loro somma a guidare e ispirare il cambiamento, al fianco di Istituzioni, Enti e Governi che devono agire per il benessere comune
È
fondamentale coinvolgere tutti i settori della società, inclusi istituti
educativi, organizzazioni e istituzioni governative. L'inclusione di programmi
educativi che promuovano il rispetto di genere fin dai primi anni è cruciale.
La
collaborazione è il cuore di una rivoluzione di cui tutti dobbiamo far parte.
Solo
attraverso una rivoluzione culturale possiamo sperare di costruire un futuro in
cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e dal pericolo.
Simona Zanette: Penso che sicuramente governo, enti e istituzioni, come per esempio la scuola, possano fare la differenza, ma credo fermamente che debba essere ogni donna a costruire in modo migliore il suo percorso di vita e sappiamo tutti che un atteggiamento positivo e fermo solitamente genera un circolo virtuoso. Dobbiamo capire che le nostre madri e le nostre sorelle non hanno avuto questa impostazione, ma per chi di noi c’è riuscita, dobbiamo trasmettere questo pensiero quotidianamente con il nostro esempio alle nostre figlie e alle nostre nipoti. Chiedo inoltre un favore speciale ai mezzi di comunicazione: non spettacolarizziamo questi episodi e trattiamo con dignità i fatti di cronaca rimanendo fedeli alla realtà, evitando illazioni e dietrologie e facendo comunicazione positiva perché si possa evitare il prossimo femminicidio.
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Endes è una realtà
veronese, da sempre tutta femminile, che si occupa di organizzare eventi
aziendali e congressi a livello nazionale, in presenza e digitali, e fornisce
servizi hostess e steward altamente qualificati.
Ad inizio pandemia,
ho voluto l’accelerazione di un processo di digitalizzazione iniziato nel 2019
ed abbiamo iniziato a comunicare dopo aver lavorato per 23 anni solo sul passa
parola. Oggi comunichiamo su Linkedin, attraverso newsletter e un blog.
Dal 2022 ho voluto
per Endes un progetto di corporate responsability che è scaturito oltre che
nella certificazione per la sostenibilità, in un manifesto che evidenzia il
nostro perché.
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Nella XII
Legislatura è nominata dal Presidente Attilio Fontana Assessore regionale alla
Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità.
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Oggi mi
occupo di affari istituzionali per un Gruppo Italiano leader nel settore dei
trasporti. Sono stata responsabile comunicazione e ufficio stampa in ANIE
Federazione, una delle più importanti realtà del mondo confindustriale, delle
Relazioni esterne di una società di ANCI (Associazione Nazionale Comuni
Italiani) e degli Affari istituzionali Sud Italia per Open Fiber.
Sono stata
docente di marketing politico all’Università Niccolò Cusano e di comunicazione
ambientale alla Fondazione Promo P.A. Ed ho ricoperto anche incarichi politici:
da consigliere comunale a vicepresidente della Commissione sport, pari
opportunità, politiche giovanili e servizio civile di ANCI con un focus
particolare sulle pari opportunità. Ho inoltre coordinato la NIS (Nazionale
Italiana Sindaci) con cui ho organizzato eventi charity sul territorio
nazionale.
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Immagine di copertina: Cassidy Mills, Unsplash
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