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I tessuti smart integrano abbigliamento, raffinate tecnologie e alte prestazioni. Ma qual è la prospettiva del loro fine vita: sono vestiti o RAEE?
Gli e-textiles (o smart textiles) possono rappresentare la next big thing in materia di ricerca applicata all’abbigliamento. Si tratta di tessuti capaci di integrarsi con l’ambiente tecnologico circostante: una ricerca che si perfeziona da circa trent’anni e che rivela molteplici utilizzi. Tessuti nati con l’intento di individuare e correggere parametri di salute non ottimali di chi li indossa senza risultare invasivi o ingombranti. Dispositivi – ancor prima di abiti – che possono garantire un monitoraggio continuo per preservare lo stato di salute attraverso i tessuti.
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Clicca quiGli impieghi degli e-textiles
Nel tempo, le raffinate potenzialità tecnologiche di questi abiti-device hanno indagato nuovi possibili campi di applicazione. Al punto che grande riscontro si ottiene in quelli medico, sportivo e militare. Ambiti in cui le necessità di avere prestazioni elevate sono più sensibili rispetto alla quotidianità. Capi, quelli realizzati in e-textiles, che possono contenere antenne, sensori e dispositivi per accumulare energia. Con il progredire delle tecniche, ci si muove tra dimensioni nanometriche e componenti microelettriche integrate nelle fibre. Fibre che, appunto, non possono essere considerate semplicemente come base di trama e ordito. Ma sono esse stesse trattate come conduttori di elettricità, con un intreccio che non crea (solo) una barriera di protezione per il corpo. Una struttura, quindi, che costituisce un reticolato capace di veicolare le informazioni e gli impulsi elettrici.
Abiti dismessi o rifiuti tecnologici?
Le premesse sono ottime se si parla di potenzialità e impieghi. Ma in che rapporto sono e-textiles e sostenibilità? Vista la loro particolare composizione, questi materiali dovrebbero afferire sia alla categoria dei tessili, sia a quella dei RAEE, i rifiuti speciali tecnologici. Dunque, è necessario individuare una dimensione di confronto tra questi due ambiti e conciliarli in virtù dell’orizzonte di riciclo. Sebbene la composizione degli e-textiles sia molto complessa e stratificata, bisognerebbe innanzitutto garantire la separazione tra i materiali in modo agevole. O almeno, definire un design del prodotto tale da assicurarsi l’upcycling dei capi.
E-textiles e frontiere di miglioramento
Per questo motivo, il prerequisito necessario è garantire un ciclo di vita più lungo possibile ai capi prodotti con e-textiles. Non solo: una concezione ecologica e integrata del capo è indispensabile anche in virtù di maggiore riparabilità. Come anticipato, gli e-textiles non concepiscono la fibra come semplice tessuto. Questo implica anche una maggiore attenzione a un materiale che deve prevedere riparabilità già al livello della fibra stessa. Gli e-textiles scardinano la concezione tradizionale di indumento per pensare, ad esempio, all’integrazione di tecnologie più aggiornate o alla sostituzione di singole componenti. Inoltre, per garantire un minore impatto, la fibra tessile utilizzata dovrebbe essere naturale e improntata a un processo dal leggerissimo impatto ambientale. Attraverso l’utilizzo di tessuti naturali e che richiedono quantità inferiori di acqua durante il ciclo produttivo, ad esempio. Una buona pratica che sarebbe necessario estendere anche dopo l’acquisto e i singoli utilizzi, ricorrendo a processi di lavaggio a secco.
Moda e tecnologia
L’incontro puntuale di moda e tecnologia dimostra come, già da tempo, l’indagine sulle potenzialità delle fibre vada in questa direzione. Si è già parlato delle fibre fotoniche dell’Università del Michigan: un esperimento interessante, concepito anche per ovviare all’illeggibilità e al deterioramento delle etichette sui vestiti. Un modo smart e pratico per far sì che il capo d’abbigliamento abbia la sua carta d’identità. E e-textiles e fibre fotoniche non sono altro che due dei molteplici campi di ricerca che avvicinano sempre di più scienza e moda.
Immagine di copertina: John Adams, Unsplash
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