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Secondo un rapporto della Ong tedesca, l’organizzazione internazionale avrebbe elargito 3,7 miliardi di dollari nel 2022 al settore del gas e petrolifero.
La lotta alla crisi climatica è da tempo riconosciuta dalla Banca Mondiale come una delle priorità assolute della sua politica, tanto che nel 2018 l’organizzazione finanziaria internazionale- impegnata nel sostegno allo sviluppo e nella riduzione della povertà- ha annunciato la sua intenzione di cessare di finanziare le fonti fossili. Un impegno però spesso messo in discussione negli ultimi anni dagli studi di diverse organizzazioni non governative, l’ultima delle quali è la tedesca Urgewald che in un recente rapporto parla di ben 3,7 miliardi di dollari di prodotti di trade finance messi a disposizione del settore del gas e petrolifero solo nel 2022.
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Urgewald sostiene che la Banca Mondiale abbia stanziato nel triennio 2021-2023 oltre 40 miliardi di dollari di fondi pubblici sotto forma di trade finance attraverso il suo braccio operativo International Finance Corporation, il 70% circa dei quali relativi a operazioni con informazioni poco chiare sull’identità dei beneficiari. Secondo la Ong, in tanti casi si tratterebbe in realtà di attori dei settori del petrolio, del gas e del carbone.
La policy della Banca Mondiale, sostiene
Urgewald, esclude sì investimenti per la produzione di combustibili
fossili, ma solo attraverso finanziamenti diretti. Il trade
finance, invece, è una forma di finanziamento indiretto, che
l’istituto sta oltretutto utilizzando sempre di più negli ultimi anni: il suo
valore è infatti raddoppiato dal 2019 ad oggi, e pesa ormai per più del 60%
delle sue attività. Per questa ragione Heike Mainhardt, autrice della ricerca,
ritiene urgente una riforma della Banca Mondiale e dell’International
Finance Corporation, in modo da rendere le sue transazioni finanziarie più
trasparenti ed escludere così i finanziamenti per i combustibili fossili tra le
sue attività di prestito.
Dallo scorso giugno, la Banca Mondiale ha tra l’altro un nuovo presidente, l’indiano Ajay Banga (ex ceo di Mastercard), candidato dal presidente statunitense Joe Biden e subentrato al dimissionario David Malpass, indicato invece da Donald Trump nel 2019. Quest’ultimo era finito al centro delle polemiche per le sue posizioni “negazioniste” proprio sulla questione ambientale (si è rifiutato di riconoscere le evidenze scientifiche sul ruolo delle attività umane nel riscaldamento globale), così come sugli aiuti ai Paesi più poveri.
“Il report di Urgewald contiene gravi inesattezze sui fatti e sopravvaluta in modo grossolano il supporto dell’International Finance Corporation ai combustibili fossili”, ha commentato un portavoce della Banca Mondiale in relazione alle accuse di Urgewald. “Il carbone, ha detto, è infatti escluso dal trade finance, mentre gas e petrolio sono permessi ma soltanto in forma limitata e non ai fini di produzione, ma solo per la distribuzione in quei Paesi dove è necessario garantire la sicurezza energetica”.
Immagine di copertina: Markus Krisetya, Unsplash
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