Lo mette in luce il rapporto “Artigiani del futuro”, realizzato dalla Fondazione Symbola, Confartigianato, CNA e Casartigiani.
Cuore del sistema economico italiano, le micro e piccole imprese investono sempre di più nelle tecnologie green. Nel quinquennio 2017-2021- mette in luce il rapporto “Artigiani del futuro” realizzato dalla Fondazione Symbola insieme a Confartigianato, CNA e Casartigiani- su un totale di 531.000 realtà, sono state 472.630 le aziende di dimensioni molto piccole (377.880) e piccole (94.750) che hanno effettuato eco-investimenti.
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Clicca quiRispetto ai cinque anni precedenti, tra l’altro, l’incremento della quota di investimenti green da parte delle micro e delle piccole imprese è stato rispettivamente del 44,8% e del 36,1%, mentre quello delle medie e grandi si è fermato al +39,7%.
E non è tutto, perché nel 2021 più del 60% dei nuovi contratti di lavoro ai cui candidati sono state richieste competenze green è stato stipulato nelle micro e piccole imprese. Così come spetta a loro il maggior numero di brevetti italiani relativi a energie alternative e gestione di rifiuti e inquinanti depositati a livello europeo, oltre il 55% del totale contro il 25% delle medie e il 20% delle grandi.
Una percentuale che supera il 60% per i brevetti tricolori relativi alla gestione dei rifiuti, dal trattamento allo smaltimento, dal riuso dei materiali di scarto al controllo dell’inquinamento e alla combustione dei rifiuti.
«Il rapporto “Artigiani del futuro” mette ben in evidenza il ruolo che le piccole imprese svolgono oggi nel sistema Paese, la loro centralità per le prospettive di sviluppo economico e sociale», spiega Marco Granelli, presidente di Confartigianato. «Le aziende ‘a valore artigiano’ sono in grado di coniugare un’eccellente tradizione manifatturiera all’innovazione tecnologica e digitale, con un occhio attento alla sostenibilità ambientale, alla valorizzazione del territorio e delle sue risorse, alla trasmissione di competenze ai giovani. Gli artigiani sono veri ambasciatori del made in Italy nel mondo, e sono ben radicati nelle comunità locali di appartenenza, alle quali apportano benessere economico e coesione sociale».
Un sistema a tutela del made in Italy
Dalla meccanica alla cultura, dall’artigianato artistico allo sport, alla moda all’arredo e agroalimentare, sono svariati i comparti che vedono protagonista l’artigianato italiano e la sua capacità di legare tradizione manifatturiera, innovazione, sostenibilità, territorio e comunità.
Un sistema tra l’altro diffuso lungo tutto il territorio nazionale, in grado di preservare antichi saperi e di innovarli. Il tessuto produttivo legato a questa tipologia di imprese permette all’Italia di mantenere vivi e ad alti livelli di competitività alcuni settori centrali del made in Italy. A partire dalla cultura e dalla creatività, in cui quasi la totalità degli operatori del comparto opera attraverso appunto micro e piccole imprese (in particolare nella progettazione, nel design e nell’architettura, settori che vedo l’Italia primeggiare da sempre in Europa).
Il discorso vale anche per il comparto agroalimentare, dove il Bel Paese è leader nel Vecchio Continente per numero di prodotti certificati DOP, IGP e STG. In Italia sono oltre il 91% le micro imprese che producono IGP e quasi il 95% quelle che si occupano di prodotti DOP. Analizzando la presenza delle micro e piccole imprese per area geografica, nei piccoli comuni del Nord-ovest si concentra la quota maggiore di micro aziende (il 38,5%), davanti al Mezzogiorno (29,5%), al Nord-est (19,6%) e al Centro (12,3%). Anche le piccole imprese sono concentrate maggiormente nei piccoli comuni del Nord-ovest (43,1%), così come la quota minore spetta sempre al Centro (10,8%).
Imprese giovani e a guida femminile
Passando all’occupazione, il rapporto mette in luce come oltre il 63% del totale dei lavoratori in Italia è impiegato in imprese di piccole dimensioni. E non è tutto, perché è in queste aziende che il 68% dei giovani trova il suo primo lavoro, tanto che nelle micro o piccole imprese sono un milione gli impiegati under 30, contro i 751.000 attivi nelle medie e grandi imprese.
Questa realtà hanno una marcia in più anche per quanto riguarda il ruolo delle donne all’interno del mondo del lavoro, in un Paese- è bene sempre ricordarlo- il cui tasso di occupazione femminile è purtroppo ancora oggi tra i più bassi in Europa, pari al 55%, ovvero oltre 14 punti percentuali in meno rispetto alla media continentale e più di 18 punti rispetto alle economie più avanzate del Vecchio Continente.
La presenza di aziende guidate da donne o a prevalenza femminile nelle micro e piccole imprese- sottolinea il rapporto- è superiore rispetto a quella che si registra in altre classi dimensionali: oltre un’impresa micro su cinque è infatti a guida femminile, una su sei se si prendono in considerazione invece le piccole. Se si passa alle medie e grandi aziende, invece, solo una su sedici vede al suo vertice figure femminili.
Per quanto riguarda l’integrazione, inoltre, l’83% dei lavoratori stranieri è occupato in una micro o piccola impresa, mentre oltre il 99% di quelle straniere è di piccola dimensione.
Immagine: Robert Linder, Unsplash
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