Le etichette sui vestiti parlano di sostenibilità?
Sostenibilità

Le etichette sui vestiti parlano di sostenibilità?

Immagine: Tobias van Schneider, Unsplash


Applicate all’interno dei capi di abbigliamento, rappresentano dei veri “documenti”. Ma affidabilità delle informazioni ed eco-compatibilità non sono scontate.

Sembra paradossale, ma l’incidenza delle etichette sul volume di scarti tessili è notevole, così come la loro scarsa eco-compatibilità. Questi talloncini, infatti, oltre ad accumularsi come rifiuti, contribuiscono alla dispersione delle microplastiche nel ciclo di produzione e di lavaggio casalingo. E sono spesso realizzati con materiali sintetici, stampati in modo poco green, nonché poco sicuri per la salute di chi indossa il capo.

Il ruolo delle etichette

Forse non è immediato pensare alle etichette come a degli indicatori sul livello di riciclabilità del prodotto. Si pensa a quei tasselli di tessuto come al concentrato di informazioni per il consumatore. Tutto ciò che c’è da sapere per trattare bene il capo e – auspicabilmente – ritardarne il fine vita. Ma non si tratta solo di come lavare o stirare: l’etichetta “racconta” e, dunque, fornisce indicazioni preziose sulla possibilità di riciclarlo. A stabilirlo, almeno nell’UE, un regolamento del 2011 che elenca dettagliatamente le modalità di etichettatura.

Pro e contro

Tuttavia, l’usura dei lavaggi sui capi si trasmette anche sui tasselli interni che riportano queste informazioni, facendoli scolorire. Così come pure bisogna considerare che l’ingrandirsi e l’inspessirsi, negli ultimi anni, delle etichette, le ha rese poco pratiche. E non è raro che molti consumatori le taglino o le rimuovano al momento dell’acquisto del capo o dopo il primo lavaggio. Anche questa pratica non fa che rallentare – quando non addirittura frenare – i processi di riciclo o re-immissione nel mercato della fibra. Perché un tessile sprovvisto della sua etichetta è sostanzialmente senza “documenti”, quindi destinato a contribuire ai preoccupanti volumi di inquinamento.

Decodificare la sostenibilità

Insomma: un’etichetta apposta su un capo d’abbigliamento dice come trattare quel tessuto, ma dà anche altre informazioni meno esplicite. La composizione, così come la dicitura Made in… raccontano molto dell’azienda. Dell’attitudine a utilizzare fibre sintetiche e derivati del petrolio, a metodi di produzione altamente impattanti sull’ecosistema e sul mondo del lavoro. Certo, una targhetta non esplicita l’incidenza umana e ambientale di una filiera, ma può fornire indizi su delocalizzazione e valorizzazione della manodopera, per esempio.

Il rischio di greenwashing

Quella delle etichette è una situazione – l’ennesima – che si mostra nella sua ambivalenza. Da una parte, la necessità di avere sempre chiare e leggibili le informazioni su indumenti e tessili. Dall’altra, il problema di un materiale sintetico sottoposto a processo di stampa non sostenibile. Il paradosso è che sia proprio l’etichetta a fornire informazioni senza le quali per il capo è sicuramente compromesso il prolungamento del ciclo di vita. Senza considerare che le etichette sono affidabili se riportano le informazioni accuratamente. Ma lo spettro del greenwashing è sempre in agguato e non si esclude la possibile omissione di alcune informazioni. A farlo presente è, tra gli altri, Make the Label Count, organizzazione consortile che si occupa di verificare l’affidabilità e la veridicità di definizioni come sostenibile in ambito tessile.

Che c’è di nuovo?

Una soluzione altamente futuristica è quella proposta da un team dell’Università del Michigan basata sulle fibre fotoniche. Una tecnologia che consentirebbe la scansione di una sorta di passaporto tessile codificato all’interno delle fibre stesse. Ciò eviterebbe sia i rischi legati a rimozione e illeggibilità delle etichette attualmente in circolo, sia modifiche tendenziose da parte delle aziende. Il sistema, infatti, permetterebbe di rilevare le fibre presenti nel filato con le relative percentuali. La sfida per i ricercatori, ora, sta nel rendere questa tecnologia innovativa e che potrebbe profilarsi come rivoluzionaria, alla portata della produzione industriale.

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