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Immagine: AlenaKoval
Il Greenwashing è molto diffuso e gli operatori del turismo non fanno eccezione: ecco come smascherare chi promette esperienze turistiche sostenibili in modo ingannevole.
I consumatori attenti all’impatto che le proprie scelte possono avere sul pianeta sono sempre più numerosi. Anche il mondo del turismo è sempre più influenzato dalle preferenze di chi desidera, anche in vacanza, avere un'impronta ecologica contenuta. Così, eco hotel, villaggi sostenibili, esperienze green e spostamenti a bassa emissione di CO2 sono al centro dell’offerta di molti operatori turistici, desiderosi di rispondere a una domanda di mercato che può portare a un certo profitto.
Non sempre, però, la realtà corrisponde all’immagine che si vuole dare e, soprattutto quando le scelte sono dettate più dal desiderio di guadagno che da veri valori, i turisti attratti da queste promesse vengono delusi.
Ecco come evitare di essere vittima di una comunicazione basata sul greenwashing.
Quali caratteristiche deve avere una struttura turistica sostenibile?
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Clicca quiCos’è il Greenwashing?
Come accade in molti altri settori, il turismo non è indenne dal greenwashing, ovvero da una serie di azioni che i brand mettono in atto per apparire sostenibili, pur non essendolo (o almeno non quanto vogliono far credere), nel tentativo di attirare a sé più turisti.
All’atto pratico, si tratta di strutture ricettive e tour operator che promettono di offrire esperienze sostenibili ma che, poi, puntualmente, non si rivelano tali fino in fondo.
A volte, queste realtà riescono a mantenere la promessa fatta solo in un certo ambito, peccando di incoerenza in tutti gli altri e questo perché chi davvero vuole operare in modo sostenibile nel turismo, come in tutti gli altri settori, deve sottoporsi a un lungo lavoro di riorganizzazione totale: un processo, questo, che richiede pianificazione, risorse e tempo.
Altre volte, chi pratica il greenwashing fa promesse vaghe o non le fa affatto, giocando solo su un’immagine ingannevole: loghi con colori legati alla sostenibilità, come il verde ed il marrone, e immagini evocative inducono il turista a pensare di avere a che fare con una realtà sostenibile senza che essa si esponga al rischio di mentire.
Talvolta, è possibile individuare simboli che riportano diciture estremamente generiche come “eco”, o “green”, ma che non corrispondono ad alcuna reale certificazione.
In Italia, il greenwashing è purtroppo una pratica molto diffusa e il mondo del turismo non fa eccezione. Uno degli esempi più comuni è il cartellino che si trova nelle stanze di molte strutture ricettive, che invita a far risparmiare acqua non richiedendo il cambio degli asciugamani ogni giorno.
Un gesto che ha ben poca valenza, se non accompagnato da un approccio sostenibile e a basso impatto che interessa l’intera struttura (es. edifici fatiscenti o comunque a scarsa efficienza energetica): il vero obiettivo, in alcuni casi, è semplicemente quello di risparmiare sui costi di lavanderia.
Come riconoscere le realtà davvero sostenibili
Allora come difendersi dal greenwashing nel turismo?
In primis, è bene diffidare da chi descrive in modo vago la propria realtà e da chi utilizza, per promuoversi, immagini o parole altamente suggestive: la sostenibilità dei brand o delle strutture ricettive deve essere testimoniata da dati comprovati e certificati da enti terzi.
Si possono poi fare domande all’azienda per capire quali soluzioni sostenibili stia adottando: utilizza fonti di energie rinnovabili? Materie prime certificate sostenibili o a km zero? Ha effettuato di recente interventi di efficientamento energetico?
In caso di tour operator ed enti che propongono esperienze turistiche, le iniziative proposte sono rispettose dei territori e delle comunità locali? In che modo entrano in relazione con esse?
Spesso è sufficiente indagare un po’ più a fondo per scoprire se l’azienda ha una reale strategia green, o se sta superficialmente cavalcando l’onda di un trend comunicativo privo di sostanza.
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