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Immagine: MarkusSpiske, Unsplash
Brusca frenata sul vertice intermedio che si è concluso lo scorso 15 giugno nella città tedesca. Il braccio di ferro tra Sud globale, compatto, e Occidente disegna nuovi equilibri e priorità da cui si dovrà partire con la conferenza per la Cop28 di Dubai.
Impasse: la parola che più di tutte ha caratterizzato i negoziati di Bonn tenutisi in questi
giorni. Al vertice intermedio sul clima
l’obiettivo era quello di tastare il terreno in previsione degli accordi che
saranno siglati a Dubai tra pochi
mesi. La Cop28 si terrà infatti tra
il 30 novembre e il 12 dicembre e avrà il compito di analizzare le tematiche
calde di questa SB58. E a loro volta, i negoziati intermedi dei giorni scorsi
hanno raccolto l’eredità degli argomenti in agenda emersi dalla Cop27 del novembre 2022.
Le tematiche dei negoziati di Bonn
Quali sono le dinamiche che si sono delineate nel vertice che si è tenuto a Bonn dal 5 al 15 giugno, dunque? Si va, dal Loss & Damage al Global Stocktake, passando per la transizione. Particolarmente rilevante è stata la coesione del fronte del Sud globale e della Cina proprio per il fondo Loss & Damage, istituito in seno alla Cop27. Sud globale e Cina che, dunque, sostengono il principio secondo cui debbano essere i paesi ricchi a supportare quelli più esposti alla crisi climatica.
Le premesse della prossima Cop28 non sono tra le migliori,
soprattutto se si considera un altro elemento fonte di contrasto emerso a Bonn:
il (presunto) conflitto di interessi del presidente. Ahmed Al Jaber, infatti, è anche a capo di Adnoc, maggiore azienda petrolifera degli Emirati Arabi. Una figura controversa e divisiva, tanto tra le
delegazioni degli Stati, quanto tra i manifestanti
riunitisi a ridosso dell’apertura dei lavori. Con Al Jaber in posizione
preminente, le divergenze di scopi appaiono macroscopiche, nonostante si sia
dichiarato possibilista sul processo di phase out.
Sud e Cina
Il Sud globale, di concerto con la Cina, ha espresso chiaramente la propria posizione. Il supporto finanziario dei Paesi più avanzati si aggiungerebbe ai 100 miliardi annui attualmente versati in finanza climatica. Lo scopo sarebbe quello di compensare la maggiore esposizione alla crisi climatica dei Paesi più poveri. Un punto di vista espresso chiaramente già in Egitto lo scorso anno.
È necessario sottolineare come la
Cina, sebbene risulti la seconda
potenza economica al mondo, venga annoverata tra i paesi in via di sviluppo
secondo Convenzione quadro dell’ONU sul cambiamento
climatico. Ma nel corso delle quasi due settimane di negoziati, i
diplomatici non sono addivenuti a risultati degni di nota. E gli sforzi tesi
alla riduzione delle emissioni di carbonio,
tra le altre cose, sembrano in una fase di stallo. Perciò, la Cop28 prenderà le mosse da queste premesse, ereditando le zone
grigie di Bonn.
I Global Stocktake
Il fronte compatto si è riproposto in questi giorni al vertice di Bonn, coeso sulle tematiche dei fondi per l’adattamento e sui Global Stocktake. E proprio da questo processo di verifica che si ridisegna ogni quinquennio, infatti, dipendono le politiche future. Un indicatore delle azioni intraprese negli ultimi quattro anni, nonché una base di partenza per pianificare le misure di domani. A Bonn è emersa – anzi, si è ribadita – la disparità delle emissioni nonché la diversa incidenza che i Paesi hanno nella questione dell’inquinamento globale. In altre parole, il fronte del Sud globale ci ha tenuto a sottolineare come, sebbene le responsabilità siano comuni, il peso esercitato da ogni Paese sia diverso. Una dichiarazione simile porta anche a una diversa valutazione monetaria. Il contributo del singolo Paese, infatti, non sarebbe basato solo sulla disponibilità economica, ma calcolato in base al ruolo avuto nei processi di industrializzazione.
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13 Aprile 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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