Per le Interviste del Direttore di oggi abbiamo intervistato Paolo Massarini, Presidente di Atia Iswa Italia.
Atia Iswa Italia, di cui lei è presidente, concentra le sue energie nell’impegno concreto – anche orientato alla divulgazione – sul tema dei rifiuti. A che punto è il dialogo tra gli attori fondamentali: amministrazione, industria, ricerca e consumatori?
Atia Iswa Italia si pone nel panorama degli attori che si occupano di waste management, economia circolare e riciclo come stakeholder di riferimento nazionale. Questo perché il panel dei nostri associati è costituito da università, enti di ricerca, aziende, liberi professionisti e istituzioni: ognuno con competenze di alto profilo. L’associazione diventa sintesi e catalizzatore di tali esperienze, con la missione di divulgare le migliori pratiche di settore anche attraverso position paper sui temi specifici di maggiore interesse. Il dialogo fra gli attori – soprattutto fra stakeholder e organi legislativi – si rivela fondamentale sia a livello sia ministeriale che regionale. Su questo punto ritengo ci sia ancora molto da fare per creare una sinergia che non sia solo formale. Una coordinazione di competenze e ambiti dovrebbe infatti essere supportata da un impianto legislativo, tanto a livello locale quanto su scala nazionale. Oggi il consumatore è bombardato da parole quali sostenibilità e riciclo che fino a qualche anno fa non entravano nella comunicazione dei media. Questo processo, se da un lato ha svalutato in alcuni casi il significato profondo, dall’altro ha fatto sì che il cittadino iniziasse a porsi domande. Ecco perché ritengo che comunicazione ambientale e istituzionale giochino un ruolo fondamentale nel processo di sensibilizzazione orientato alla risoluzione del problema. E a un consumatore sempre più attento deve corrispondere un’informazione sempre più esaustiva ma comprensibile a tutti.
In una “cultura sui rifiuti”, si potrebbe sovvertire la comune idea secondo cui il rifiuto rappresenta, appunto, il fine vita di un prodotto o di un materiale. Da dove partire per instillare una simile consapevolezza nel singolo?
Dopo anni di informazione, associazioni come la nostra e Assoambiente hanno contribuito a consolidare il concetto del rifiuto come risorsa e non solo come problema. Questo passaggio culturale, apparentemente banale, ha fatto sì che la percezione del tema waste passasse da problema a risorsa-ricavo. Modificandosi il paradigma dominante, quindi, i temi progettuali hanno trovato soluzioni coerenti con la nuova impostazione. Caso emblematico è quello del Pet che, dalla bottiglia d’acqua, diventa pile, tappetino per auto e, in un terzo passaggio, imbottitura di poltrone. È fondamentale una corretta informazione scevra da ideologismi, posizioni preconcette o nate sul sentito dire. Solo così si può chiedere (e in alcuni casi imporre) al cittadino l’adozione di pratiche comportamentali che possano aiutare a ridurre l’inquinamento da plastica. Le aziende sono oramai mature nel trovare soluzioni e l’economia del riciclo in Italia è fra le prime in Europa. Perciò, il ruolo del singolo si rivela cruciale non solo nel conferimento dei rifiuti, ma anche nelle scelte operate negli acquisti e nell’utilizzo dei prodotti.
Arrivando alle microplastiche, oggetto del convegno organizzato da Atia Iswa Italia lo scorso 10 maggio a Roma, quali sono le abitudini quotidiane che maggiormente incidono nella loro dispersione?
Dobbiamo distinguere tra microplastiche primarie, rilasciate direttamente nell’ambiente con l’uso o il lavaggio di prodotti che le contengono, e le microplastiche secondarie che si originano per degradazione dei rifiuti presenti nelle acque. Nel primo caso giocano un ruolo fondamentale ecodesign ed EPR (responsabilità estesa del produttore) per concepire e commercializzare prodotti in un’ottica di fine vita meno impattante. Nel secondo, serve assolutamente rivedere i nostri comportamenti su generazione e gestione dei rifiuti. La plastica ha portato e continua a portare molti vantaggi nella nostra vita, ma spesso è tra le principali tipologie di rifiuti oggetto di littering. Si tratta del fenomeno di abbandono – tanto deliberato, quanto involontario – di rifiuti in spazi pubblici o aperti come strade, spiagge e corsi d’acqua.
L’incontro del 10 maggio ha, inoltre, rappresentato una convergenza per ambiti tra loro distanti, ma accomunati dalla preoccupazione verso il problema delle microplastiche. Cosa è emerso alla fine della giornata di studi?
La ricerca sta offrendo importanti spunti e informazioni su un tema che resta molto articolato e interessa una vasta gamma di prodotti. Un tema che coinvolge l’intero sistema produttivo, non solo delle materie plastiche, ma anche settori come il tessile e quello della cosmetica. In quest’ottica è fondamentale il ruolo che i decisori politici vorranno assumere, poiché alcuni processi vanno sostenuti e accompagnati, come ad esempio l’ecodesign. Vanno, inoltre, create le condizioni di mercato stabile e con regole certe affinché le aziende possano investire anche nella ricerca applicata sulla base di business plan con un timing affidabile. A monte di tutto è necessario sostenere la ricerca delle istituzioni al fine di trovare modalità sempre più innovative per la gestione delle microplastiche. E le aziende, dal canto loro, dovrebbero affrontare in modo sinergico tali problematiche. Tuttavia, è una modalità è di difficile attuazione per via dell’ovvia competitività di mercato, innanzitutto. E poi perché il “fare squadra” non è esattamente una delle maggiori virtù del nostro Paese.
Fotografare l’esistente significa non solo lanciare un allarme sulla situazione preoccupante di oggi, ma ipotizzare possibili orizzonti futuri. Quali soluzioni si profilano per arginare il problema?
Dal convegno sono emerse interessanti soluzioni nel settore dei tessili e della cosmesi. Come la sostituzione graduale, per prodotti cosmetici e per la cura del corpo, delle microplastiche con additivi tollerati dall'ambiente. O prevedere per i tessuti un coatingche eviti l'abrasione durante il lavaggio. Così come pure per i sistemi di lavaggio è necessario pensare a un binomio tessuto-detergente più delicato o a un sistema di filtraggio per le lavatrici casalinghe. Ovviamente per quest'ultimo caso ritorniamo alla necessità di un’informazione corretta e oggettiva e che non faccia greenwashing, ma che promuova prodotti effettivamente compatibili. Sul piano gestionale, sono diverse le opzioni che si stanno portando avanti tanto per il riciclo, quanto per la produzione. In particolare, quest’ultima sta adottando soluzioni alternative sempre più sostenibili a livello ambientale. Diversi sono anche gli interventi normativi che a livello europeo si stanno definendo sul tema delle plastiche monouso, ad esempio, dei sacchetti in plastica o dell’ecodesign.
Paolo Massarini, ingegnere civile, romano, nel suo percorso professionale nel gruppo ACEA fino al 2014 ha maturato esperienza manageriale in vari ambiti quali Infrastrutture, facility management, e waste management ricoprendo incarichi apicali in varie società del gruppo e focalizzando l’attenzione, negli ultimi anni, su sviluppo realizzazione e gestione di impianti di trattamento dei rifiuti. È presidente di ATIA-ISWA ITALIA, country member di ISWA International (International solid waste association), l’associazione che raccoglie oltre 200 associati in tutti i continenti. Ha fondato ed è amministratore di Engineering Advanced System - EASY srl che offre servizi e consulenza strategica a clienti pubblici e privati nei settori dell’energia con attenzione agli impianti di produzione da fonti rinnovabili e della realizzazione di impianti nei settori del recupero e del trattamento dei rifiuti con focus sull’implementazione di nuove tecnologie.
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