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Immagine: Chris Boese, Unsplash
Un recente studio, apparso su Nature, analizza i passi avanti compiuti dalle città europee che hanno adottato piani di adattamento climatico. Galway, Dublino e Sofia, in particolare, offrono spunti virtuosi.
Con l'accentuarsi della crisi climatica e il moltiplicarsi di eventi meteorologici estremi, è diventato urgente adottare contromisure capaci di limitarne gli effetti. Da questo assunto deriva la priorità di adottare piani di adattamento ai cambiamenti climatici, ma non solo: fondamentale, in un percorso realmente efficiente ed efficace, diventa la valutazione dei progressi che tali misure di adattamento possono portare. Uno studio internazionale, recentemente apparso sulla rivista Nature, si propone di comprendere e misurare l'impatto positivo dei piani di adattamento ai cambiamenti climatici, adottati da alcune-ancora troppo poche - città europee.
La ricerca
Alla ricerca, coordinata dall’università di Twente (Olanda), hanno preso parte studiosi di vari Paesi europei, tra cui l’Italia con l’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imaa) di Tito Scalo (Potenza) e con il dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica dell’università di Trento.
L’analisi ha preso in considerazione 167 piani strategici di altrettante città europee, ideati e sviluppati tra il 2005 e il 2020. Per misurarne adeguatamente i risultati, il team ha definito un indice di qualità, l’Adaptation plan quality assessment (Adaqa), che ha permesso di identificare i punti di forza e di debolezza dei processi di pianificazione dell’adattamento climatico nelle città del Vecchio continente.
Ne risulta che, nei centri urbani considerati, il processo di definizione e raggiungimento degli obiettivi è nettamente migliorato. Ma i progressi da fare sono ancora molti e- per le città ritardatarie- serve un deciso cambio di rotta.
Sofia, Galway e Dublino, tre esempi virtuosi
Fra i vari indicatori, i ricercatori hanno preso in esame processi virtuosi quali il “collective learning”, ovvero la capacità collettiva di apprendere e ideare soluzioni, il trasferimento di conoscenze, la costruzione di reti transnazionali e le collaborazioni con la sfera scientifica.
Nell'ottica della condivisione e di una cooperazione orientata all'efficienza, mettere in rete casi virtuosi può contribuire a favorire ed accelerare il processo. All'interno dell'analisi, le città di Galway e Dublino in Irlanda, e Sofia, in Bulgaria, hanno ottenuto i punteggi più alti, sulla base della coerenza dei piani e le specifiche misure messe in atto.
Il piano di Galway (punteggio 65/100) prevede una valutazione dettagliata del rischio del clima sulle infrastrutture critiche, la biodiversità, il capitale culturale, le risorse idriche e i servizi della comunità in città, compresi gli edifici e le infrastrutture comunali. Elabora, poi, una strategia per minimizzarne l'impatto, non dimenticando di attribuire ruoli, responsabilità e tempistiche relative ai vari passaggi. L'amministrazione sta, inoltre, conducendo campagne di informazione: per il pubblico, su come ridurre la propria esposizione ai rischi climatici; per le imprese, sui finanziamenti disponibili in materia di adattamento.
Per quanto riguarda Sofia (punteggio 63/100), il piano si è focalizzato in particolare sui gruppi sociali vulnerabili, includendo nella sua strategia misure per quasi tutti i settori economici e sociali. Una specifica attenzione è dedicata al miglioramento delle infrastrutture, all'aumento di spazio verde e forestale all'interno dell'area.
Dal canto suo, Dublino (punteggio 61/100) si distingue perché mira a valutare gli obiettivi stabiliti in modo quantitativo, descrivendo dettagliatamente gli strumenti di attuazione, le priorità, le responsabilità, le tempistiche e il budget.
Il ritardo dell'Italia
La fotografia dell'Italia mostra un Paese in ritardo, sia in termini quantitativi, che qualitativi. Le città italiane prese in considerazione sono 32, rappresentano il 30% delle Province italiane e il 54% della popolazione. Nel 2020 solo due avevano sviluppato un piano di adattamento, Bologna (53/100) e Ancona (33/100). Negli ultimi due anni si sono aggiunte altre città, tra cui Milano, Torino, Bolzano, Cesena.
Secondo gli esperti, la situazione risente probabilmente dell’assenza di un quadro di riferimento nazionale per supportare la definizione di strategie e piani locali. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è, infatti, ancora in via di definizione: recentemente pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente dopo un’attesa di cinque anni, è attualmente sottoposto alla consultazione pubblica prevista dalla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas).
Perché servono piani di adattamento: i costi dell'inazione
Il briefing Assessing the costs and benefits of climate change adaptation, pubblicato lo scorso marzo dall'Agenzia europea per l'ambiente (Eea), ha lanciato un importante ammonimento: a fronte dell'incremento delle perdite economiche legate all'intensificarsi in tutta Europa degli eventi climatici estremi, attuare piani di adattamento diventa sempre più urgente. Non “solo” per questioni socio-ambientali: è stato calcolato che l'inazione climatica ci può costare circa 178mila miliardi nei prossimi 50 anni.
Misurare costi e benefici delle strategie messe in campo è altrettanto fondamentale per quantificare il grado di resilienza del sistema-città: “casa” per 300 milioni di persone (circa il 40% della popolazione europea), eppure vulnerabile a ondate di calore, erosioni costiera e inondazioni, via via crescenti in forza e in frequenza.
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13 Aprile 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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