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Immagine: Projeto Café Gato-Mourisco, Unsplash
Al centro di alcuni recenti scandali, la compensazione di CO2 può essere uno strumento per raggiungere gli obiettivi degli accordi sul clima, ma, avvertono gli scienziati, non è la soluzione definitiva.
La compensazione delle emissioni di anidride carbonica (carbon offsetting) può essere uno strumento prezioso per mitigare i cambiamenti climatici, ma, secondo i dati di nuove ricerche, questo è vero solo se la mitigazione viene effettuata insieme ad una rigorosa strategia di riduzione delle emissioni.
Diversi scienziati impegnati nello studio del clima concordano sul fatto che la compensazione delle emissioni di carbonio può fornire incentivi per generare investimenti necessari, in particolare quando si adoperano soluzioni climatiche naturali come il rimboschimento e la piantumazione di nuove foreste. Tuttavia, la strategia ha un impatto positivo solo quando viene utilizzata in aggiunta alla riduzione delle emissioni, non quando viene utilizzata come sostituto di requisiti rigorosi di riduzione delle emissioni.
In una intervista al Guardian, il direttore dell’Istituto di Potsdam per la Ricerca sull’Impatto Climatico, Johan Rockström, spiega che un percorso solido verso la carbon neutrality (ovvero la perfetta compensazione delle emissioni prodotte) richiede una riduzione delle emissioni di almeno la metà ogni decennio. Questo requisito è ora stabilito dall'iniziativa Science Based Target, che certifica se le aziende sono in linea con l'accordo di Parigi. Secondo Rockström, le aziende non dovrebbero utilizzare le compensazioni di carbonio come sostituto di una reale riduzione delle emissioni, ma dovrebbero comunque essere incoraggiate ad approfittare delle opportunità date dai processi di compensazione.
Di parere opposto è il professor Kevin Anderson, docente di energia e cambiamenti climatici presso l'Università di Manchester, convinto sostenitore della posizione secondo cui le strategie di carbon offsetting siano “pericolose”. Secondo Anderson, finché le attività che emettono carbonio potranno avvalersi di strategie di compensazione, non avranno alcun incentivo a ridurre le loro emissioni, il che può incoraggiare la continuazione e persino l'espansione di attività responsabili di un notevole impatto ambientale.
Il docente fa notare come l'intervallo di tempo tra le emissioni e l'impatto della compensazione, dato dalla differenza tra il giorno in cui un certo quantitativo di CO2 viene prodotto ed il giorno in cui viene “riassorbito” dalle piante, può durare anche diversi anni, a seconda del tipo di progetto di compensazione impiegato e della tipologia di alberi piantumati nella più classica forma di compensazione ad oggi avviata: la riforestazione programmata.
Nonostante i recenti scandali che coinvolgono alcune grandi realtà della riforestazione programmata, accusate di aver sovrastimato le quantità di CO2 riassorbibili dai propri progetti, è innegabile che la compensazione del carbonio può portare benefici, in particolare nel finanziamento diretto alla protezione delle foreste. I mercati del carbonio, laddove sono correttamente regolamentati, producono effetti positivi dimostrabili, tuttavia, sempre più istituti di ricerca concordano sul fatto che per perseguire gli ambiziosi obiettivi degli accordi di Parigi sia necessario intraprendere una serie di riforme più incisive della semplice mitigazione.
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