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Immagine: Google Creative Commons
Da quasi un decennio sia la Comunità Europea che le associazioni internazionali private informano investitori e aziende sul potenziale di rendita del capitale naturale. La salvaguardia di suolo, acqua e biodiversità può generare ricavi e migliaia di posti di lavoro.
Agli inizi di febbraio Ispra ha diffuso il 5° Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale, il primo da quando la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi è entrata in Costituzione con il comma 3 dell’articolo 9.
Il documento è fondamentale per organizzare i futuri piani di sviluppo sostenibile sul territorio ed è infatti stato trasmesso dal Ministero dell’Ambiente e la Sicurezza energetica (MASE) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell’Economia e le Finanze (Mise).
Il rapporto è arrivato alla quinta edizione, dunque da cinque anni l’Italia è in condizione di programmare attività, anche economiche, di sviluppo sostenibile, osservando lo stato del capitale naturale. Il report, scrive Ispra, “ha il compito di evidenziare ai policy makers il fondamentale ruolo ricoperto dal capitale naturale italiano rispetto al sistema socioeconomico del Paese, elaborando schemi concettuali, migliorando la conoscenza e affinando modelli di misurazione del Capitale Naturale e degli impatti delle politiche su esso”.
Cos'è il capitale naturale
In finanza il capitale naturale rappresenta un asset di investimento al centro dell’interesse degli investitori da oltre un decennio, ma cos’è il capitale naturale? Il rapporto 16° State of Green Business annuale del GreenBiz Group lo riassume efficacemente in “il valore estratto dal suolo, dall'aria, dall'acqua, dal clima e da tutti gli esseri viventi e i servizi ecosistemici che rendono possibile l'economia”.
Gli stock di beni sono dunque aria, suolo, acqua, biodiversità: il capitale naturale è quindi il nostro patrimonio ecologico e, secondo il rapporto 2010 del Programma Unep, genera 72 miliardi di dollari ogni anno.
A distanza di tredici anni, il capitale naturale non ha perso appeal ed è diventato, pur nella difficile sfida della sua salvaguardia, un filone di riferimento nella finanza verde.
Salvaguardia e rigenerazione naturale, i possibili profitti
Secondo le stime diffuse durante il World Economic Forum del 21 settembre 2022, proteggere la natura e proteggere la biodiversità potrebbe generare 10 trilioni di dollari all'anno in opportunità di business (agricoltura, moda o appunto finanza), creando quasi 400 milioni di nuovi posti di lavoro. Gli investitori possono oggi finanziare soprattutto la rigenerazione del capitale naturale, considerato che secondo i dati diffusi dal global report Food and Land Use Coalition 2019, sono necessari 300-350 miliardi di dollari all’anno per realizzare entro il 2030 sistemi di produzione alimentare e di utilizzo del suolo sostenibili, tra cui la protezione e il ripristino degli ecosistemi naturali.
Natural Capital Accounting, uno strumento da ottimizzare
La misurazione del capitale naturale non ha ancora una metrica standard condivisa: un argomento che si lega anche alla capacità del pil di misurare solo il valore diretto della produzione economica, escludendo il contributo “indiretto” ma centrale anche del capitale naturale.
Il Natural Capital Accounting dovrà quindi permettere di conteggiare i vantaggi di determinate situazioni ambientali, ma anche le ripercussioni dei nuovi modelli economici-organizzativi in ottica economico-ambientale. Il Natural Capital Accounting è, secondo l’Unione Europeo, lo strumento per misurare i cambiamenti nello stock e nella condizione del capitale naturale (ovvero gli ecosistemi) nei sistemi contabili e di rendicontazione. Già nel 2017 proprio l’Ue in collaborazione con la United Nations Statistics Division, la United Nations Environment Programme, il Secretariat of the Convention on Biological Diversity, ha lanciato “Natural Capital Accounting and Valuation of Ecosystem Services” (NCAVES), un programma che ha lo scopo di contabilizzare il capitale umano.
Dal 2019 una delle associazioni più importanti a livello mondiale dedicate allo sviluppo dello studio e l’investimento sul capitale naturale è la Natural Capital Investment Alliance (NCIA) creata dal principe del Galles, William, primogenito di Re Carlo III, ma sono almeno due le altre organizzazioni internazionali che informano e offrono ad investitori e aziende una panoramica sulle possibilità di investimento: Capitals Coalition e United Nations Environment Programme Finance Initiative.
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