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Il progetto di ENI e SNAM trasformerà i giacimenti di gas esauriti in depositi per l’anidride carbonica prodotta da imprese inquinanti.
ENI è in procinto di realizzare, al largo di Ravenna, uno dei più grandi centri di stoccaggio del carbonio (CCS) al mondo. La struttura si occuperà di “catturare” CO2 dalle emissioni di alcune industrie e immetterla in dei giacimenti di gas naturale “esauriti o in declino”, che saranno riconvertiti in modo sicuro per diventare dei veri e propri “serbatoi” di CO2.
La CO2 immagazzinata a Ravenna proverrà, in un primo momento, dai fumi di scarico dalla centrale Eni di trattamento del gas naturale di Casalborsetti, e, a partire dal 2027, dalle emissioni di industrie hard to abate (come acciaierie, cementifici, raffinerie, fabbriche di ceramiche, cartiere, centrali per la produzione di energia da fonti fossili). L’avvio di questa seconda fase implicherà la realizzazione di infrastrutture apposite che si occuperanno di trattare le emissioni delle imprese, separando la CO2 dagli altri gas, per favorirne il successivo stoccaggio permanente nei depositi sotterranei.
Presentando il progetto, in joint venture con SNAM, i tecnici hanno posto l’accento sulla sicurezza degli impianti, ricordando come, in decenni di uso di tecnologie CCS (i primi impianti sono stati realizzati nel 1972 in Texas), non si è mai verificata, ad oggi, nessuna perdita dai siti operativi scelti.
Cosa è e come funziona il processo di cattura e stoccaggio del carbonio
La cattura e stoccaggio del carbonio è un metodo utilizzato, ad oggi marginalmente, per ridurre le emissioni da industrie altamente inquinanti per cui non è possibile al momento una riconversione più sostenibile. Si tratta di un processo in tre fasi che prevede la cattura (ovvero la raccolta) dell'anidride carbonica proveniente da attività industriali di varia natura, il suo trasporto e lo stoccaggio in profondità nel sottosuolo.
Alla luce degli Accordi di Parigi sull’aumento delle temperature globali, e dei lavori del Panel intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), l’impiego di tecnologie CCS potrebbe essere necessario nei prossimi anni al fine di limitare i futuri aumenti di temperatura a 1,5°C.
Le posizioni degli ambientalisti
Molti gruppi ambientalisti si sono opposti in passato al CCS, sostenendo che la pratica, in sé positiva, sia utilizzata in maniera ambigua, al punto che, secondo un rapporto del centro di ricerca sui cambiamenti climatici dell’Università di Manchester, l'81% della CO2 catturata finora è stato utilizzato per estrarre altro petrolio attraverso il processo di enhanced oil recovery, ovvero utilizzata per l'estrazione di petrolio che altrimenti non sarebbe stato possibile estrarre con metodi tradizionali. Per Legambiente Emilia-Romagna, inoltre, il CCS di Ravenna sarebbe una tecnologia “inadeguata” alle necessità di decarbonizzazione del Paese e del territorio, e non rappresenta un ulteriore passo in avanti verso un piano di decarbonizzazione coerente.
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