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Dall’industria tessile all’oceano: viaggio attraverso la filiera tossica delle fibre sintetiche che continuano a essere disperse nei corsi d’acqua, rappresentando un grande pericolo per la salute umana e per l’ambiente.
L’industria tessile continua a produrre e disperdere le microplastiche, incidendo pesantemente sulla salute delle persone e dei corsi d’acqua.
A inizio 2022 è stata l'AEA, l’Agenzia Europea dell’Ambiente, a lanciare l’allarme con un report sul problema del sovraconsumo di plastica e della produzione di scarti. In particolare, sono le microplastiche- presenti persino nel cibo, nelle bevande, nei cosmetici e negli utensili di uso quotidiano- a rappresentare un rischio per l’ambiente e la salute.
La “filiera tossica” delle microplastiche
Nel 2019 uno studio dell’università australiana di Newcastle lanciava un allarme preciso: l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo attraverso il consumo di acqua imbottigliata ammonta in media a 1.769 particelle a settimana, 5 grammi di sostanze tossiche. In quel periodo, la produzione mondiale di microplastiche si aggirava attorno ai 370 milioni di tonnellate, di cui almeno 70 provenienti da fibre tessili sintetiche, che da sole rappresentano il 14% della produzione europea di plastica. Bisogna poi aggiungere il volume generato da incarti e imballaggi dei singoli capi e il packaging delle spedizioni. A partire da questi numeri, è facile intuire l’impatto sullo stato di salute di un intero continente, sui suoi corsi d’acqua e sui suoi abitanti.
Il ruolo dell’industria tessile
I tessuti sintetici, in particolare, si ritiene giochino un ruolo di primaria importanza nell’inquinamento degli oceani. Annualmente vengono riversati in mare tra 0.2 e 0.5 milioni di tonnellate di microplastiche, molte delle quali di provenienza tessile, appunto. Si stima che la media europea sia di 26 kg di capi di abbigliamento pro capite, dei quali oltre il 60% di origine sintetica. Il poliestere, poi, è il materiale in assoluto più presente in un’industria, quella tessile, votata al 70% ai materiali sintetici. E non è difficile immaginare come le microplastiche possano disperdersi nelle condotte idrauliche collegate al ciclo di lavaggio, una volta smosse e scaricate dalla lavatrice. Bisogna inoltre considerare che l’acqua può veicolare queste sostanze tossiche anche se raggiunge gli zero gradi e si solidifica. Una prospettiva, insomma, per niente rassicurante,.
Quali soluzioni?
L’AEA, tuttavia, non si limita a fotografare l’esistente, ma pone sfide e obiettivi con il Circular Economy Action Plan. E, ancora una volta, ridurre i volumi della produzione e optare per un sistema di uso, riuso e riciclo appare come soluzione privilegiata.
Un programma articolato in cui è anche il settore privato a essere coinvolto nella necessità di ridurre la minaccia rappresentata dai processi di trattamento e lavaggio, responsabili della dispersione di ingenti quantità di microplastiche nell’ambiente.
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