Oggi viene pubblicato il contributo di ASLA.
Il contributo di oggi è stato fornito dall’Avv. Claudio Vivani dello studio Vivani e Associati
Tutela del patrimonio culturale – Dichiarazioni di interesse culturale – Valutazione dei soli interessi storico-culturali – Insufficienza – Bilanciamento con l’interesse ambientale alla transizione ecologica ed energetica – Necessità.
L’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale non può sacrificare interamente l’interesse ambientale alla transizione ecologica, la quale comporta la trasformazione del sistema produttivo in un modello più sostenibile che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, ingenerale, lo stile di vita delle persone. È pertanto necessario operare un bilanciamento fra i differenti interessi coinvolti alla luce del principio di proporzionalità.
La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167 affronta in modo innovativo un tema di capitale importanza nei rapporti fra interessi pubblici ambientali, culturali e paesaggistici.
L’occasione è stata fornita, come ormai da anni accade molto frequentemente, dalla materia dell’autorizzazione degli impianti di produzione da fonte rinnovabile, settore in cui sistematicamente si fronteggiano l’interesse ambientale e alla salute umana sotto la specie della tutela del clima (dipendente in modo decisivo dalla riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili e quindi dalla promozione delle energie rinnovabili) e l’interesse alla tutela del paesaggio e dei beni culturali; il tutto al cospetto dell’interesse pubblico allo sviluppo economico e di quello all’autosufficienza energetica (quest’ultimo, non privo di riflessi politico-strategici). Si tratta dunque di un settore nevralgico e particolarmente significativo.
La vicenda affrontata dalla pronuncia in esame è paradigmatica: rilasciata l’autorizzazione unica per la realizzazione di due impianti eolici, veniva imposto un vincolo culturale che di fatto ne precludeva la realizzazione.
Giudicando sull’impugnazione del decreto recante la dichiarazione di interesse culturale, il Consiglio di Stato compie un’approfondita analisi dei contenuti e dei presupposti di tale dichiarazione e, in particolare, del tema di quali siano gli interessi pubblici da prendere in considerazione.
Un orientamento più tradizionale della giurisprudenza tende a ritenere che le Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi culturali e paesaggistici debbano valutare e soppesare solo tali interessi, e non altri interessi pubblici coinvolti. Complementare a tale approccio è la distinzione fra le nozioni di “ambiente”, di “paesaggio” e di “patrimonio culturale”, ritenute distinte e separate (sui rapporti fra ambiente e paesaggio, cfr. ad es. Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 624).
La pronuncia in esame, invece, sulla solida base della giurisprudenza costituzionale, riconosce che negli ordinamenti democratici e pluralisti contemporanei è necessario un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Così come per i ‘diritti’, anche per gli ‘interessi’ di rango costituzionale, a nessuno di essi la Carta garantisce una prevalenza assoluta sugli altri, di talché possa risultare “tiranno”.
L’interesse culturale, dunque, deve essere bilanciato con quello ambientale, nella specie con quello al contrasto al cambiamento climatico. Lo stesso vale, evidentemente, per l’interesse paesaggistico.
Il punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, deve essere ricercato dall’Amministrazione in sede procedimentale, alla stregua dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza. In particolare, la sentenza applica il principio di proporzionalità tramite il c.d. “test trifasico” e lo considera violato non nella componente della idoneità (al raggiungimento dell’obiettivo prefissato) o della necessarietà (ravvisabile quando non sia disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma meno incidente nella sfera giuridica del destinatario), bensì della ‘proporzionalità in senso stretto’. Il Consiglio ha, infatti, ritenuto che l’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale non avesse, nel caso concreto, il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica.
La sentenza è innovativa e particolarmente illuminata, perché supera un approccio “atomistico” nelle valutazioni degli interessi ambientali, culturali e paesaggistici e conduce a una visione integrata e complessiva, riconoscendo che, a ben vedere, si tratta di profili inevitabilmente e intrinsecamente connessi (il cambiamento climatico non danneggia anche il paesaggio e il patrimonio culturale?).
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