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Per centrare i Sustainable Development Goals serve cooperazione mondiale, ma allo stato attuale manca un impegno totale di Stati Uniti, alcuni paesi del G20 (oltre che della Russia). La pandemia ha bruscamente rallentato un progresso già lento, per questo a luglio le Nazioni Unite hanno approvato un documento ministeriale specificatamente dedicato alla ripresa dell’attività dell’Agenda 2030 dopo il Covid-19.
Negli ultimi tre anni il Mondo è stato protagonista di una fase storica in cui multiple e simultanee crisi hanno rivoluzionato ogni prospettiva. Il Covid-19 e oggi la Guerra in Ucraina hanno impattato la vita delle persone, ma anche gli obiettivi strategici che le istituzioni internazionali si sono poste per costruire un futuro più equo e responsabile.
Come è stato spiegato nel Sustainable Development Report 2022, edito da Cambridge, per il secondo anno consecutivo il mondo ha smesso di fare progressi sugli obiettivi SDG (Sustainable Development Goals). Il punteggio medio è leggermente diminuito nel 2021, ad esempio, nella performance su SDG 1 - Azzeramento della povertà (in parte a causa della lenta o inesistente ripresa avviata nei paesi poveri), mentre l'SDG 8 - Lavoro dignitoso e crescita economica è rimasto al di sotto dei livelli pre pandemia in molti paesi a basso e medio-basso reddito. Per gli analisti è una grave battuta d'arresto perché già nel periodo pre pandemia (2015-2019) il mondo stava procedendo ad un tasso di crescita di appena 0,5 punti l'anno. L'aumento di mezzo punto - ha evidenziato il rapporto Sustainable Development Report 2022 - era a sua volta già considerato troppo lento per raggiungere le scadenze dell’Agenda 2030. Attualmente lo scenario internazionale vede i paesi poveri compiere i maggiori progressi generali in termini di SDG, mentre gli stati più ricchi si sono rivelati poco performanti.
Le quattro priorità da seguire per i paesi ricchi
In vista del vertice SDG 2023, il report ha sottolineato quattro priorità utili a frenare le ricadute negative internazionali generate proprio dai paesi ricchi: (1) Aumentare lo sviluppo internazionale e il clima finanza; (2) Sfruttare la cooperazione tecnica e la diplomazia SDG; (3) Adottare obiettivi e strumenti nazionali per impattare meno negli altri paesi; (4) Rafforzare il monitoraggio e i sistemi di dati a livello internazionale, nazionale, delle industrie e le aziende che coprono l'intera catena di approvvigionamento e quindi rientrano nella rendicontazione degli SDG.
I comportamenti da attuare
Anche per questo il rapporto non ha esitato a suggerire provvedimenti di peso al gruppo G20 e al Fondo Monetario Internazionale, tutti a favore dello sviluppo dei paesi a basso e medio-basso reddito. Ecco qualche passaggio di dettaglio particolarmente significativo: Il G20 dovrebbe dichiarare in modo chiaro e inequivocabile il suo impegno a convogliare flussi di finanziamento di gran lunga maggiori verso i paesi in via di sviluppo, affinché essi possano raggiungere lo sviluppo economico e raggiungere gli obiettivi SDG. In secondo luogo, il G20 dovrebbe aumentare notevolmente la portata dei prestiti e dei flussi annuali alle Banche Multilaterali di Sviluppo (MDB) [...]. Terzo, il G20 dovrebbe sostenere anche altre misure – in particolare aumento dell'APS, filantropia su larga scala e rifinanziamento dei debiti in scadenza – per rafforzare Finanziamenti SDG per LIC e LMIC. In quarto luogo, il FMI e le agenzie di rating del credito devono ridisegnare le valutazioni sulla sostenibilità del debito, tenendo conto del potenziale di crescita dei paesi in via di sviluppo e del loro bisogno di risorse molto più ampie accumulo di capitale. Quinto, lavorando insieme all'FMI e agli MDB, i paesi in via di sviluppo devono rafforzarsi nella gestione del debito, integrando le loro politiche di indebitamento [....] il tutto per prevenire future crisi di liquidità”.
Secondo quanto rilevato nel rapporto Sustainable Development Report 2022, Stati Uniti, Brasile, Russia e India hanno mostrato il minor supporto all'Agenda 2030 e agli SDG. Gli Stati Uniti, ad esempio, non hanno mai presentato una Revisione Volontaria Nazionale (VNR). Tendono verso indici minori anche Australia, Cina e Sudafrica, mentre si trovano a “metà strada” Inghilterra e Canada. Tra gli stati del G20, l’Italia si inserisce tra i paesi dagli indici più alti e si posiziona prima della Norvegia e dopo Belgio, Spagna, Svizzera, Olanda, Germania e i migliori stati del Nord Europa (Svezia, Finlandia e Dinimarca). Da evidenziare gli ottimi risultati del Benin e la Nigeria, con punteggi relativamente alti, vicini proprio a quelli italiani, nonostante i rispettivi quadri politici.
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