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La siccità e la desertificazione dei suoli non sono più fenomeni limitati alle terre aride. Urgenze ambientali trasversali a tutti i continenti, richiedono misure che aumentino la resilienza degli ecosistemi, riducano il degrado del suolo, ripristinino i territori.
Fiumi italiani vicini al punto di non ritorno, raccolti agricoli a rischio a causa della siccità, l'ombra non troppo lontana di razionamenti idrici per milioni di famiglie: le sempre più frequenti crisi idriche mostrano come la siccità e la desertificazione dei suoli siano ormai urgenze ambientali trasversali a tutti i continenti, anziché fenomeni limitate alle terre aride. Un'emergenza globale, da affrontare con misure concrete e urgenti.
I rappresentanti dei governi di tutto il mondo, riunitisi lo scorso maggio ad Abidjan, in Costa d’Avorio, in occasione della 15esima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione, hanno stimato in 55 milioni le persone che ogni anno sono colpite dalla siccità. Una stima destinata a crescere, prevedendo che entro il 2050 circa tre quarti della popolazione mondiale sarà interessata da ondate di calore e crisi idriche.
Costa d'Avorio, il summit
La 15esima sessione della Cop (Conference of the parties) dedicata alla lotta alla desertificazione (Unccd, Convenzione contro la desertificazione) si è tenuta dal 9 al 20 maggio 2022 ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Il summit ha coinvolto quasi 7mila partecipanti- tra cui capi di Stato, ministri, delegati, società civile, media- dei 196 Paesi che hanno aderito alla Convenzione.
“Svolgiamo tutti un ruolo nella lotta comune contro il cambiamento climatico e il degrado del suolo, riconoscendo che un ambiente sano e sicuro è vitale per il futuro della Pianeta” ha dichiarato il primo ministro della Costa d'Avorio Patrick Achi al termine dei negoziati, che hanno condotto a 38 decisioni.
Tali risoluzioni, fondamenti dell'azione strategica collettiva, trovano spazio in tre direttive comuni:
- garantire una maggiore resilienza degli ecosistemi;
- ridurre il degrado del suolo;
- ripristinare i territori compromessi.
Ripristino è, dunque, la parola d'ordine. Entro il 2030 si rivela infatti necessario accelerare sull’attività di recupero, che coinvolge circa un miliardo di ettari di terreno degradato, aumentando innanzi tutto gli sforzi in termini di raccolta dati e attività di monitoraggio.
Tra le diverse iniziative a tema - visionabili tra i documenti ufficiali pubblicati sul sito della Cop15 - si è deciso di istituire un gruppo di lavoro intergovernativo durante il periodo 2022-2024 per “esaminare quali soluzioni mettere in campo, compresi gli strumenti politici globali e i quadri politici regionali, per passare da una gestione reattiva a una proattiva alla siccità”.
Come sottolineano gli esperti, non è inoltre da sottovalutare il tema migratorio causato dalla desertificazione, che richiede la creazione di nuove opportunità sociali ed economiche, oltre che una maggiore sinergia tra le diverse Convenzioni di tutela ambientale.
Global Land Outlook, è allarme desertificazione
Poco prima dell'inizio dei negoziati, l'Unccd ha reso pubblica la seconda edizione del report Global Land Outlook. Come ci si poteva attendere, i dati sono tutt'altro che confortanti: lo studio ricorda che fino al 40% del suolo terrestre è ormai soggetto a degrado.
Sulla base di tale dato, il rapporto delinea tre scenari futuri:
- “Business as usual”: continuando con il sistema attuale, si prevede che entro il 2050 potremmo avere un calo del 12-14% per quanto riguarda la produttività dei terreni agricoli, compresi quelli dedicati ai pascoli. A causa del degrado del suolo, inoltre, ulteriori 69 gigatonnellate di gas climalteranti saranno rilasciate da qui al 2050, vanificando gli sforzi climatici compiuti in altri settori.
- “Ripristino”: lo scenario presuppone il recupero di circa 5 miliardi di ettari (il 35% della superficie terrestre globale) attraverso misure come l'agroforestazione, la gestione sostenibile del pascolo e le pratiche di rigenerazione naturale del terreno. In questo modo entro il 2050 si rallenterebbe la perdita di biodiversità, aumenterebbero i raccolti e lo stoccaggio di gas climalteranti.
- “Ripristino e protezione”: implementa il precedente con misure di protezione di aree importanti per la biodiversità. In questo modo entro il 2050 si potrebbero stoccare ulteriori 83 gigatonnellate di gas serra, recuperando 4 milioni di chilometri di aree naturali e prevenendo un terzo della perdita di biodiversità. Per scongiurare gli scenari peggiori, è fondamentale non agire per compartimenti stagni, ma riconoscere una volta per tutte come la lotta al surriscaldamento globale- per avere successo- debba procedere di pari passo con la tutela del suolo, degli ecosistemi e della biodiversità.
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4 Novembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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