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Nei #SustainableTalks di oggi parleremo del rapporto tra chimica e agricoltura con Giulia Gregori di Novamont S.p.A.
Da dove nasce la necessità della vostra azienda di intraprendere un percorso di sostenibilità economica, ambientale e sociale?
La sostenibilità è nel nostro DNA da sempre, infatti Novamont, che nasce nel 1990 con l’idea di integrare chimica e agricoltura, sin dalle sue origini persegue un modello di bioeconomia circolare volto a rigenerare i territori. Questo modello si basa sulla reindustrializzazione di siti dismessi, su una filiera agricola integrata e sostenibile e su prodotti concepiti come soluzioni per risolvere specifici problemi ambientali, economici e sociali. Nel 2020 Novamont ha deciso di diventare una Società Benefit, formalizzando questo impegno nel proprio statuto societario, e ha ottenuto la certificazione B Corp, arrivando ad essere nominata “B Corp Best for the World” per la categoria di impatto Environment, collocandosi nel 5% dei punteggi più alti conseguiti da tutte le B Corp a livello mondiale e al primo posto a livello italiano ed europeo.
L’adozione di questo percorso che effetti ha generato in termini di comunicazione interna ed esterna?
Operare nel campo della sostenibilità richiede di essere sempre più consapevoli del ruolo di stimolo che le aziende devono avere nei confronti della società. Anche per questa ragione Novamont, dal 2008, pubblica il Bilancio di Sostenibilità, che dal 2020 ha assunto il valore Dichiarazione non finanziaria volontaria, redatto in conformità ai GRI Sustainability Reporting Standards e, dal 2021, una relazione di impatto che descrive le azioni svolte e gli impegni per il futuro come Società Benefit. Per il raggiungimento di livelli prestazionali sempre più elevati, a partire dal 2020 Novamont ha adottato il framework del B Impact Assessment (BIA) come ausilio nella gestione delle tematiche di sostenibilità e di conseguenza ha anche attivato una serie di iniziative con un impatto rilevante sulla comunicazione interna all’organizzazione, in termini di trasparenza, condivisione e creazione di engagement.
Come misurate oggi i vostri risultati in termini di sostenibilità? Disponete di un sistema di reportistica interno? Vi affidate a consulenti esterni?
Novamont impiega diversi tool del Life Cycle Management (LCM) quali la metodologia di LCA, metriche di circolarità, analisi degli impatti sociali in un’ottica di Life Cycle Thinking. I risultati sono sintetizzati in una serie di KPI impiegati sia a supporto di attività di eco-design dei materiali e prodotti e di processi decisionali che riguardano il Gruppo, che per il monitoraggio delle performance. L’obiettivo è la massimizzazione degli impatti positivi e l’azzeramento/mitigazione di quelli negativi. La maggior parte dei KPI sono riportati in documenti pubblici, mentre un numero ristretto di indicatori sono riportati attraverso reportistica interna perché sensibili. La misurazione delle performance di sostenibilità è affidata a personale interno, che in alcuni casi collabora con consulenti esterni.
Con stretto riferimento al settore merceologico in cui opera l’azienda, la sostenibilità viene identificata come driver di crescita o competizione?
Il mercato delle bioplastiche e dei bioprodotti è un settore sempre più in espansione e consapevole dell’urgenza del cambiamento e della necessità di muoversi velocemente, agendo anche sui comportamenti delle persone. Allo stesso tempo, le tendenze mostrano che i consumatori sono sempre più attenti e interessati alla sostenibilità delle filiere, agli impegni delle aziende nei confronti dei territori e dell’ambiente, all’impronta sul Pianeta e al rispetto dei diritti dei lavoratori, di conseguenza, per noi la sostenibilità è decisamente un driver di crescita.
In che misura l’aderire e l’adottare un protocollo di sostenibilità in questo periodo potrà permettere alle imprese di proiettarsi meglio verso la ripresa post Covid-19?
Come riportato dall’IPBES, in futuro le pandemie emergeranno più spesso, a meno che non vi sia un cambiamento nell’approccio globale di quelle stesse attività umane che hanno impatti sugli ecosistemi: la prevenzione sarebbe 100 volte più economica del costo di risposta alle pandemie. È evidente che l’attenzione all’ambiente sarà di vitale importanza per permettere alle imprese di proiettarsi meglio verso la ripresa; tuttavia, sarà fondamentale che dal punto di vista istituzionale ci sia un riconoscimento delle azioni messe in campo e una forte spinta alle imprese a procedere in questa direzione.
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