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Il contributo di oggi è stato fornitodall’Avv. Elena Felici Studio LCA
Interesse e legittimazione ad agire degli enti esponenziali a tutela degli interessi collettivi: il caso delle associazioni a tutela dell’ambiente.
Con la sentenza 17 marzo 2022, n. 1937, il Consiglio di Stato prende posizione su due importanti questioni di rilievo processuale, che coinvolgono le associazioni a tutela dell’ambiente, in particolare con riferimento (i) all’impugnazione immediata e autonoma degli atti amministrativi generali e (ii) alla legittimazione attiva delle associazioni a tutela dell’ambiente.
Il caso riguarda l’appello della Provincia Autonoma di Trento al Consiglio di Stato contro l’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF) e nei confronti del Ministero per la Transizione Ecologica, per la riforma della sentenza breve emessa dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento del 29 settembre 2021, n. 150, con cui veniva accolta la domanda giudiziale formulata dall’Associazione WWF e annullata la delibera della Giunta Provinciale della Provincia Autonoma di Trento del 25 giugno 2021, n. 1091, limitatamente alle disposizioni dei paragrafi 5.3.1 e 6 delle “Linee guida per l’attuazione della legge provinciale n. 9/2018 e dell’art. 16 della direttiva Habitat”.
Nel merito, il documento costituisce attuazione a livello locale dell'articolo 16 della Direttiva 92/43/CEE c.d. Habitat, recante disciplina delle deroghe al divieto di rimozione dal loro habitat naturale delle specie protette, in particolare la specie orso bruno, e indica le azioni di controllo del “Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali” (c.d. PACOBACE), distinguendo le c.d. “azioni leggere” – consistenti in misure di prevenzione, monitoraggio e dissuasione, che non necessitano di specifica autorizzazione poiché esulano dalla disciplina delle deroghe al divieto di abbattere gli orsi, di cui all’art. 16 della Direttiva 92/43/CEE – dalle c.d. “azioni energiche” – consistenti nella cattura per radiocollaraggio, spostamento o captivazione permanente e finanche nell’abbattimento dell’orso c.d. problematico.
Interessanti, in questa sede, sono gli aspetti processuali su cui il Consiglio di Stato si è pronunciato, aspetti che riguardano da una parte l’interesse ad agire e dall’altra la legittimazione ad agire delle associazioni a tutela dell’ambiente.
Il Collegio ha, innanzitutto, dichiarato infondata l’eccezione sollevata dalla Provincia Autonoma di Trento circa il difetto di interesse ad agire in capo all’Associazione WWF con riferimento all’atto di indirizzo generale delle Linee guida.
Gli atti generali sono costituiti da volizioni astratte e generali, rivolte a una pluralità indifferenziata di soggetti destinatari non individuabili ex ante e destinati a cambiare nel corso del tempo. Per tale motivo, generalmente, oggetto di impugnazione è il relativo atto applicativo, ovvero l’atto che in concreto produce una lesione della sfera di un determinato soggetto giuridico, e che, quindi, rende attuale l’interesse a ricorrere (cfr. Consiglio di Stato, Sez. I, Adunanza di Sezione del 26 giugno 2019, parere n. 2046/2019).
Peraltro, la giurisprudenza amministrativa, con orientamento consolidato e ribadito anche con questa pronuncia, ritiene che gli atti generali siano immediatamente e autonomamente impugnabili, anche in mancanza dei provvedimenti applicativi, qualora incidano in modo immediato sulla sfera giuridica del destinatario e pertanto quando siano di per sé preclusivi del soddisfacimento dell'interesse protetto (Tar Sicilia Catania, sez. III, 30 aprile 2021, n. 1372; cfr. Cons. di Stato, sez. V, 24 marzo 2014, n. 1448; 16 febbraio 2002, n. 206; nello stesso senso, Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 1 aprile 2019, n. 698; Tar Toscana, sez. I, 8 settembre 2015, n. 1218).
Quanto al tema relativo alla legittimazione ad agire in capo agli enti esponenziali a tutela degli interessi collettivi, il Collegio ha ribadito un ulteriore principio già consolidato in giurisprudenza, che è stato peraltro oggetto dell’intervenuta recente Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza del 20 febbraio 2020, n. 6.
Sul punto, l’Adunanza Plenaria si è interrogata sulla seguente questione: se, fermo il generale divieto di cui all’art. 81 c.p.c., si possa ritenere l’esistenza di una legittimazione generale in capo agli enti esponenziali a tutela degli interessi collettivi o se, invece, sia necessaria una legittimazione straordinaria conferita dal legislatore.
La protezione degli interessi diffusi – inizialmente non consentita in via teorica a causa della mancata sussistenza del requisito della differenziazione che consente di qualificare la posizione giuridica di interesse legittimo – è stata assicurata, sin dagli anni ’70, attraverso il riconoscimento dell’esistenza di un interesse legittimo di natura collettiva in capo a un ente, in presenza di alcuni requisiti che, nel tempo, sono stati così individuati dalla giurisprudenza: (i) effettiva rappresentatività, (ii) finalità statutaria degli obiettivi di tutela, (iii) stabilità e non occasionalità della tutela, e, in taluni casi, (iv) collegamento con il territorio (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 19 novembre 1979, n. 24; Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 1973, n. 253; Cass., S.U., 8 maggio 1978, n. 2207).
Con particolare riguardo agli interessi collettivi in materia ambientale, nel 1986 il legislatore ha formalmente riconosciuto la legittimazione ex lege delle associazioni preposte a tutela dell’ambiente con l’introduzione dell'articolo 18, comma 5, della L. 349/1986, che consente a quelle associazioni comprese in un elenco approvato con Decreto del Ministro dell'Ambiente – di cui all’art. 13 – di "intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi".
Di qui la nota questione, ampiamente dibattuta, circa l’esclusività della legittimazione introdotta dalle norme sopra richiamate, questione che la giurisprudenza ha affrontato, nel tempo, e risolto con l’applicazione del principio del c.d. “doppio binario”.
Tale principio distingue tra la legittimazione ex lege delle associazioni di protezione ambientale riconosciute, che non necessita di verifica, e la legittimazione delle altre associazioni che deve essere verificata caso per caso, e richiede l’accertamento in concreto da parte del Giudice della sussistenza dei tre presupposti già sostanzialmente elaborati dalla giurisprudenza precedente, e che la pronuncia oggetto di commento individua specificamente come segue: “ … gli organismi devono (i) perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, (ii) devono possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, (iii) devono avere un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso.”
Nel caso di specie, a seguito di detta valutazione, il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado che, in accoglimento dei suddetti principi, aveva negato la sussistenza della legittimazione ad agire di due delle associazioni ricorrenti. Il Giudice d’appello, operando un’attenta valutazione in concreto di detti presupposti, ha infatti ritenuto (i) in un caso che tra la prima associazione e la realtà territoriale locale mancasse qualsiasi collegamento (“l’associazione non ha comprovato la presenza sul territorio provinciale attraverso proprie sedi o comunque articolazioni territoriali tali da giustificare l’esistenza di uno stabile e significativo collegamento con la zona il cui ambiente intendeva proteggere”), così non sussistendo il terzo requisito previsto dal sistema del “doppio binario”; e (ii) nell’altro caso che, quanto alla seconda associazione, mancassero sia il primo che il terzo di detti requisiti, non rinvenendosi tra gli scopi sociali alcun obiettivo di tutela ambientale e non essendo stata fornita la prova di alcuno stabile collegamento con il territorio il cui ambiente si intenderebbe proteggere.
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