“Pesticidi: una pandemia silenziosa”. Il recente report del WWF lancia l'allarme sul massiccio utilizzo di pesticidi nella filiera agroalimentare, i cui residui permangono in oltre la metà del cibo analizzato. Le conseguenze? Drammatiche, per la salute e gli ecosistemi.
Lo scorso 7 aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Salute e all'interno della campagna Food4Future, il WWF ha fatto risuonare un netto e chiaro grido d'allarme, pubblicando un nuovo report sui veleni utilizzati in agricoltura. “Pesticidi: una pandemia silenziosa. Il lato oscuro della chimica verde” è il titolo del rapporto, che rivela come nell'Unione Europea quasi la metà dei campioni alimentari presenti uno o più residui di pesticidi, con conseguenze, appunto, sulla salute e sul sistema sanitario.
Agricoltura e veleni
Secondo i dati riportati, circa un terzo dei prodotti agricoli a livello globale viene prodotto utilizzando pesticidi. Un dato in continua crescita, considerando che nel 2019 sono state utilizzate circa 4,2 milioni di tonnellate di pesticidi (circa 0,6 kg a persona) e si calcola un incremento di circa 3,5 milioni di tonnellate per sfamare la futura popolazione. Un sistema estremamente fallibile, dato che solo circa il 5% dei pesticidi irrorati sul campo raggiunge in genere l’organismo bersaglio. Al contrario, oltre il 50% si disperde nell’aria, nelle falde acquifere e nel suolo, con un forte impatto sulla biodiversità e sulla salute umana, vista l'esposizione cronica, garantita da cibo e acqua. A questo si aggiunge la progressiva resistenza sviluppata da molte colture ai pesticidi, che induce gli agricoltori a intensificarne dosi e quantità per non perdere efficacia nei risultati.
La situazione italiana
L’Italia è al sesto posto nella classifica mondiale dei Paesi che utilizzano più pesticidi, con 114.000 tonnellate l’anno di circa 400 sostanze diverse. Per quanto, nel nostro Paese, il 64% di campioni risulti essere senza residui, circa un terzo dei cibi che approda sulle nostre tavole ogni giorno è contaminato da pesticidi. Preoccupante anche il grado di contaminazione delle acque: nel 2019, l’ISPRA ha evidenziato che il 25% delle acque superficiali e il 5% di quelle sotterranee sono inquinate, con concentrazioni di residui oltre i limiti consentiti.
Le conseguenze sulla salute
9 milioni di morti premature ogni anno, circa 385 milioni di casi di avvelenamento acuto non intenzionale da pesticidi in tutto il mondo e circa 11.000 decessi: una vera e propria pandemia nascosta, consentita per massimizzare i profitti dell’industria dell’agricoltura intensiva.
Lavoratori agricoli, donne in gravidanza e bambini sono i soggetti più a rischio di esposizione, sia in maniera acuta, sia cronica, con effetti a breve e a lungo termine. Sui feti e sui neonati, in particolare, la tossicità dei pesticidi risulta amplificata.
L'appello del WWF
Cosa fare, dunque, per limitare l'utilizzo, la dispersione e la conseguente esposizione ai pesticidi? “L’approccio agroecologico, come nel caso dell’agricoltura biologica, è il più efficace per ridurne l’impatto ambientale causato dai pesticidi, rispetto alla sola regolamentazione normativa o alla sola innovazione tecnologica”, ha affermato Franco Ferroni, Responsabile Agricoltura di WWF Italia. “Il WWF chiede alla Commissione UE una seria riforma della Direttiva UE Pesticidi, rendendo vincolanti per gli Stati membri gli obiettivi della riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi entro il 2030, vietando la pratica del diserbo chimico per l’agricoltura integrata e non rinnovando l’autorizzazione per l’uso del glifosato in tutti gli Stati membri, in scadenza nel mese di dicembre 2022”. L'appello dell'associazione ambientalista coinvolge, inoltre, la popolazione, chiamata a compiere scelte alimentari responsabili. “Le diete sane principalmente vegetali, varie e provenienti da sistemi sostenibili, sono una chiave per risolvere il trilemma dieta-ambiente-salute” ha dichiarato Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità di WWF Italia. “Passare dalle diete attuali a quelle vegetariane, infatti, ridurrebbe fino al 40% il rischio relativo di cancro, diabete e malattie cardiovascolari, ridurrebbe la mortalità globale fino al 23%”.
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